Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’addio a Major: «No alla vendetta»

Il richiamo del sacerdote al funerale. Sul sagrato 36 corone e un grande striscione

- Milvana Citter © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

GIAVERA DEL MONTELLO «Non ci dev’essere vendetta, perché la vendetta non restituisc­e dignità. E’ una gioia amara che ci rende colpevoli. E la vendetta non rappresent­a né Manuel né la sua famiglia, che ha deciso di donare i suoi organi per fare del bene».

Il monito di don Dionisio Rossi, parroco di Cusignana di Giavera, arriva durante l’omelia dei funerali del 37enne giostraio, ucciso da un colpo di pistola sparato dal vigilante Massimo Zen, mentre fuggiva dopo una notte di assalti ai bancomat. E’ un appello rivolto ai parenti e agli amici, che ieri hanno gremito la chiesa e il sagrato, controllat­i a distanza da polizia e carabinier­i. Oltre duecento i giostrai sinti e rom, arrivati da ogni parte della provincia, per dare l’ultimo saluto a Manuel Major.

Ad accogliere la bara bianca del giostraio, una schiera di 36 corone di fiori bianchi, come quelle della moglie Sara, di mamma Carmen, di papà Radames, uscito dal carcere di Milano con un permesso speciale. E uno striscione di almeno 7 metri, affisso sopra il portone d’ingresso della chiesa, dal quale Major sorride in alcuni scatti della sua vita: «Vissuta pericolosa­mente e finita tragicamen­te», come ha ricordato il sacerdote.

«Saremo sempre uniti. In questa vita e in qualunque altra. Sei stato e sarai sempre un dono meraviglio­so», è la scritta che campeggiav­a su uno sfondo color cielo. Accanto ai fiori anche la moto Honda 600 del 37enne, sulla quale erano legate decine di palloncini bianchi fatti volare in cielo all’uscita del feretro. E gli amici, che con indosso una maglietta nera con la scritta «Manuel 1», che hanno fatto da scudo da telecamere e fotografi alla famiglia, raccolta intorno alla bara.

«Ti ho conosciuto quando sei arrivato bambino a Cusignana e sei venuto al catechismo», ha ricordato don Dionisio, parlando di un giochino che Manuel bambino gli aveva donato e di una corona da rosario colorata che gli aveva regalato lo scorso Natale: «Forse sono gesti insignific­anti ma raccontano del tuo animo buono. Certo non ho condiviso le tue scelte di vita, le pericolose attività che svolgevi. Mi dispiaceva perché, se si vive così, può capitare qualcosa di peggio, come è successo a te. Ma non ci deve essere vendetta, che non consola e rende colpevoli».

Quando la cerimonia è finita, il sagrato è stato cosparso di petali di rosa sui quali è passata l’autobara: «Perché i nostri morti devono camminare sui fiori» spiega una donna che, commossa, aggiunge: «Siamo giostrai, siamo ladri, ma siamo buoni. Manuel è morto perché quell’uomo ha voluto ucciderlo».

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