Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
UNIONI CIVILI I NUMERI E IL PERCHÉ
Un anno fa si approvavano le unioni civili (la cosiddetta legge Cirinnà). Venivano da un percorso lungo, davvero storico durato trent’anni. Hanno avuto una gestazione difficile, contrastata, a tappe, dato che alcuni decreti attuativi sono stati prodotti solo qualche mese fa. Eppure la delusione – se vogliamo parlare in questi termini – è forte.
I numeri delle unioni celebrate sono risicati, modesti, sicuramente inversamente proporzionali al clamore che avevano suscitato. O alle speranze dei movimenti omosessuali (Arcigay in testa). Ed anche alle paure di chi temeva una mostruosa mutazione antropologica dell’amore e dello stare insieme.
Invece il dato statistico vola basso e tende al basso: nei primi otto mesi di funzionamento della legge (cioè da agosto fino a marzo) in Italia le unioni civili sono state circa 2.800, con una partenza abbastanza consistente (dato che regolava situazioni precedenti) seguita da una tendenza successiva assai modesta (appena 369 nei primi tre mesi del 2017). Con due ulteriori caratteristiche: sono assai ridotte le unioni tra donne e – geograficamente – ancora una volta l’Italia si divide, com’era prevedibile. Con una concentrazione delle unioni al nord, in particolare in Lombardia. In Veneto sono state finora 210 le coppie che hanno utilizzato la legge Cirinnà, con il picco (52 casi) a Venezia.
In realtà le cose non potevano andare (e non andranno) in modo molto diverso. continua a pagina