Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ex popolari, Guzzetti difende Atlante: «I numeri erano falsi Penati, giochi indegni»

Vicenza alle prese con i conti della trimestral­e

- Federico Nicoletti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Popolare di Vicenza e Veneto Banca? «Atlante ha trovato una situazione di gran lunga peggiore di quella scritta nei prospetti. Forse un giorno bisognerà chiedere chi li ha autorizzat­i. Perché erano falsi». L’attacco è durissimo, a costo, per Giuseppe Guzzetti, di rompere il proverbial­e aplomb e chiamare di fatto in causa tutti: dal governo alla politica, dalla Bce alla Consob, dalle vecchie gestioni delle due venete fino alle banche che hanno consegnato il cerino acceso ad Atlante. Un attacco, quello di ieri del presidente di Fondazione Cariplo e Acri, l’associazio­ne delle Fondazioni bancarie, per rompere l’assedio intorno ad Atlante, il fondo gestito dalla Sgr Quaestio di cui Cariplo è proprietar­ia al 27% e di cui Guzzetti fu tra i padri un anno fa. Una difesa della gestione fatta dal suo dominus, Alessandro Penati, come socio totalitari­o di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, salvate un anno fa dopo il fallimento degli aumenti di capitale. Quelli delineati nei prospetti di cui sopra.

Il tutto quando, un anno dopo, il bilancio dell’«esperiment­o» finanziari­o sui 3,4 miliardi investiti, mentre Atlante si sfila delle due venete, si dimostra piuttosto duro: le banche socie di Atlante svalutano per 1,2 miliardi, al contrario delle Fondazioni. Così Guzzetti si schiera con Penati, non ci sta a passare da salvatore a capro espiatorio.«Bisogna fare un monumento a Penati, ha salvato il sistema bancario sostiene Guzzetti -. Adesso c’è chi cerca un capro espiatorio, ma non può essere lui. È un gioco fin troppo scoperto; e anche squallido e indegno». Guzzetti non vede colpe o ritardi di Atlante sulla gestione. Per lui il difetto sta nella partenza. In chi ha consegnato, infiocchet­tato, il pacco delle due venete ad Atlante. Il «film horror», come lo definì Penati. L’accusa è a 360 gradi. Atlante era nato per gestire sofferenze, ricorda Guzzetti. Poi, «non perché se l’è inventato Penati, è stato deviato dall’obiettivo» per salvare le venete. Cosa che non hanno deciso «gli uscieri dei palazzi romani, ma coloro che in quei palazzi esercitano la loro funzione politica, economica istituzion­ale, sociale e bancaria», dopo che Unicredit «aveva dichiarato di non essere in grado di mantenere la garanzia» sull’aumento di capitale di Bpvi. Gli stessi che orano svalutano Atlante, verrebbe da aggiungere. «Quell’aumento sarebbe fallito - dice Guzzetti -, sarebbe fallita la banca, trascinand­o nella crisi tutto il sistema bancario».

Un anno dopo, per altro, quelle due banche si trovano nello stesso guado. Con Atlante padrone in uscita e impegnate in un estenuante braccio di ferro con Bruxelles sui fondi statali per ricapitali­zzare. Dopo quello di martedì in Veneto Banca, ieri a Vicenza nuovo cda. Sul tavolo i conti della trimestral­e richiesti da Bruxelles e lo stato della trattativa. La realtà non si discosta da quella già descritta dai numeri nerissimi del bilancio 2016, con qualche segnale semmai di recupero graduale sulla raccolta perduta nell’incertezza della trattativa con l’Ue e con l’indicazion­e positiva che il 95% dei rimborsi pagati ai soci sulle azioni sono rimasti in banca.

Ma è chiaro che un cambio di quadro potrà avvenire solo con il via libera alla ricapitali­zzazione dall’Antitrust europea. L’intonazion­e resta positiva, la prospettiv­a quella del via libera. Anche per deduzione logica: se l’Europa avesse voluto bocciare le due venete lo avrebbe già fatto. Certo, sul fronte delle trattative toccherà aspettare ancora. L’attesa è che il lavoro sarà completato a fine maggio. Sperando che i tempi non si allunghino. Se Mps, l’altra situazione in lista d’attesa a Bruxelles, può rivelarsi un utile termine di raffronto, da lì filtra che non ci si attendono novità per aprire il confronto sindacale prima di metà giugno. Salvo che più l’attesa si prolunga, più la situazione si fa complicata. Specie per le venete, che in più, rispetto ad Mps, devono a valle del via libera montare un processo di fusione che porterà via fatalmente altri lunghi mesi. Il tema, poi, ruoterà intorno agli esuberi che verranno dichiarati con il piano di fusione. Presto per fare numeri, pur se l’obiettivo resta di evitare i licenziame­nti. In un contesto generale che viene avanti per altro tutt’altro che favorevole. Vedi il primo atto, ieri, dell’integrazio­ne da parte di Ubi di Etruria, Marche e Chieti: la dichiarazi­one di mille esuberi aggiuntivi.

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