Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Telefonate, vertici a casa Boschi e scalate Quel filo rosso che lega Banca Etruria a Popolare di Vicenza e Veneto Banca

- Gianni Favero © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Le telefonate e le visite ad Arezzo dei vertici di Veneto Banca, che segnano un rapporto lungo un anno. In mezzo, l’estate della tentata scalata di Popolare di Vicenza. Mano a mano che si moltiplica­no i particolar­i che vengono a galla, si rende sempre più evidente il filo rosso che lega le vicende, e le crisi, delle popolari venete e di Banca Etruria. Con Arezzo quasi terzo vertice del triangolo che vide contrappos­te, tre anni fa, la Veneto Banca di Vincenzo Consoli e Flavio Trinca alla Popolare di Vicenza di Gianni Zonin e Samuele Sorato del canto del cigno, prima degli stress test e delle ispezioni Bce, quello intonato intorno allo slogan «Se siamo bravi, ci prendiamo quattro banche».

Perché intorno ad Arezzo non ci sono solo le presunte pressioni su Unicredit, a gennaio 2015, dell’allora ministro alle Riforme, Maria Elena Boschi, di cui ha scritto l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli nel suo nuovo libro. Ma c’è anche l’incontro del marzo 2014, raccontato ieri dal Fatto Quotidiano. A casa di Pierluigi Boschi, consiglier­e di Etruria, padre dell’ex ministro, presente al vertice, a cui avrebbe partecipat­o anche Giuseppe Fornasari, presidente dell’istituto aretino. Con loro, arrivati dal Veneto, gli allora presidente e amministra­tore delegato di Veneto Banca, Flavio Trinca e Vincenzo Consoli. Marzo 2014, un mese prima che il cda si presenti in assemblea costretto alle dimissioni da Banca d’Italia. Situazione non dissimile, per i due istituti, tra ispezioni e pressioni sul cda perché si trovino un’altra banca con cui fondersi. In entrambi i casi di mezzo c’è la Popolare di Vicenza di Zonin e Sorato. Che dopo esser stata respinta da Montebellu­na, tenterà nel corso dell’estate di lanciare un’offerta per acquistare Arezzo.

Così, secondo la ricostruzi­one, Consoli e Trinca si vedono

Accuse

Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri (a destra), con il governator­e di Bankitalia, Ignazio Visco con Boschi e Fornasari. L’idea è di cercare un contatto con il governo, grazie alla neo-ministra, per indurre il premier Matteo Renzi a far alleggerir­e la pressione di Bankitalia su Arezzo e Montebellu­na. Quella riunione, per altro, Flavio Trinca oggi dice di non ricordare se sia avvenuta. Trinca tuttavia ricorda altri incontri con il presidente di Etruria: «Beppe Fornasari – dice - sono andato a trovarlo, sì, ma in banca». In ogni caso la riunione non deve portare a molto. Vicenza lancia in estate l’offensiva su Arezzo. La stessa che poi il governator­e di Bankitalia, Ignazio Visco, rivendiche­rà di aver fermato, in una lettera in cui tenterà di rimettere in ordine, dopo che le ispezioni Bce hanno alzato il coperchio sulla gestione di Bpvi, le critiche sull’operato della vigilanza di Bankitalia.

Il filo rosso non si spezza. L’ultimo atto è quello raccontato dalle intercetta­zioni dell’inchiesta su Veneto Banca. Ovvero la telefonata di gennaio 2015 che Consoli fa a Boschi senior, cercando un contatto con Renzi. In cui pare far balenare una fusione a tre con Vicenza ed Etruria, per salvare Arezzo. E il periodo in cui si tenta il tutto per tutto per salvare Etruria prima del commissari­amento. Magari anche con Unicredit. Il salvataggi­o non riesce. Dì lì a poco il blitz della Finanza in Veneto Banca cambia tutto anche a Montebellu­na. E a Vicenza Bce sta per accendere i riflettori. Cosa rimanga, tre anni dopo, di quel triangolo tra Veneto e Toscana è sotto gli occhi di tutti.

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