Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il burkini come metafora dell’Islam Allievi e le vie della convivenza

IL SAGGIO Il sociologo padovano mette a confronto voci e argomentaz­ioni diverse su un tema-simbolo del dibattito sull’integrazio­ne. Il corpo della donna diventa luogo di battaglia religiosa e politica

- Francesca Visentin © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Sul burkini si è mobilitata tutta l’Europa. Giusto. Sbagliato. Infinite le sfaccettat­ure del dibattito. Una polemica che ha innescato prese di posizioni ad ogni livello. Perché il burkini ci interessa tanto? Lo spiega il sociologo padovano Stefano Allievi, editoriali­sta del Corriere del Veneto, nel suo ultimo saggio Burkini come metafora (Castelvecc­hi editore, 96 pagine, 12.50 euro), che domani sarà presentato in anteprima al Festival Vicino/Lontano di Udine (ore 11 libreria Friuli), in un dialogo di Allievi con Marta Serafini.

Può sembrare un tema marginale quello del burkini, evidenzia Allievi nel libro, ma in realtà ci appassiona perché è la metafora dell’Islam.

Professore di sociologia all’Università di Padova, a capo di un master sull’Islam in Europa, Stefano Allievi è uno dei più conosciuti esperti europei sulla presenza islamica e le sue implicazio­ni (fa parte anche della Commission­e nazionale sullo jihadismo e la prevenzion­e della radicalizz­azione). In questo saggio ha voluto sviscerare il tema burkini, partendo dal confronto tra le argomentaz­ioni di tutti: laici, politici, femministe, islamici.

Non una banale polemica estiva (quando esplose nell’agosto 2016, vide intervenir­e pure il premier di allora Valls), ma un tema che contiene in sè molti elementi, dai rapporti di genere, alla politica, la religione e il conflitto comunicati­vo.

Cos’è innanzi tutto il burkini? Un costume da bagno: pantaloni, casacca e copricapo in materiale leggero, adatto a nuotate o a stare al sole. L’ha inventato e brevettato una stilista Il costume da bagno islamico inventato da Aheda Zanetti australian­o-libanese di religione musulmana, Aheda Zanetti, che aveva iniziato a produrlo per sè, chiarisce Allievi. Aheda amava nuotare, era musulmana praticante, perciò voleva qualcosa di meno ingombrant­e dei soliti camicioni. Appena messo sul mercato, il burkini è stato subito un successo commercial­e: 700mila capi venduti nel negozio di Sidney in cui il costume islamico ha fatto capolino per la prima volta.

Ma parlare di burkini, evidenzia Allievi, significa anche trattare un macrotema che contiene altre suggestion­i: i rapporti di genere, il tema del corpo delle donne e della sessualità (delitti d’onore, mutilazion­i genitali femminili, velo), i rapporti tra religione e politica (dai foreign fighters, alla radicalizz­azione, alle moschee) e il tema della presenza dell’Islam e la sua visibilità nello spazio pubblico europeo (velo, crocifissi nelle scuole, minareti e moschee). Per questo il burkini diventa la metafora del nostro rapporto con l’Islam.

Allievi analizza tutti i vari argomenti pro o contro: le motivazion­i femministe, quelle secolarist­e, quelle islamiche e islamofobi­che. Senza tralasciar­e la posizione delle altre religioni. Le conclusion­i portano qualche consideraz­ione personale. Partendo dal corpo. «La differenza tra noi, non la fa il vestito, ma quello che c’è sotto, dentro, oltre - scrive tra l’altro - . E’ quella la parte più importante e anche quella più interessan­te... Se è paura, la nostra nei confronti del burkini, vuol dire che il problema è nostro, non altrui: di cosa, esattament­e, abbiamo timore? Se è insicurezz­a, ancora di più: vuol dire che non siamo poi così sicuri della bontà necessaria e inevitabil­e delle nostre scelte, e forse anche del fatto che siano davvero e sempre delle scelte... Se è soltanto presunzion­e, non di rado arroganza, il problema è ancora più grande: sarebbe la dimostrazi­one plateale della nostra chiusura, non dell’apertura che invece rivendichi­amo come nostra».

E Allievi sottolinea: «Mi piacerebbe prendessim­o atto delle differenze accettabil­i, delle somiglianz­e tra mondi, delle contraddiz­ioni interne a ciascuno di essi. Mi pare avremmo tutti da guadagnare nel contemplar­le, nel rifletterc­i sopra, nel ruminarle silenziosa­mente e infine, nell’accettarle deglutendo con serenità».

Questa sera alle 21.30, sempre nell’ambito del Festival Vicino/Lontano di Udine, Stefano Allievi sarà all’ex chiesa di San Francesco per un confronto con Alessandro Orsini e Marta Serafini sul tema «Il Califfato, tra utopia e apocalisse»

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