Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ucciso davanti a casa a colpi di fucile
Delitto a Zovencedo, piccolo centro nel Vicentino. La vittima è un uomo di 47 anni, Mauro Pretto che viveva da solo in fondo a una valle sui Colli Berici. Il sindaco: «Siamo sotto choc, inspiegabile»
ZOVENCEDO (VICENZA) Freddato sull’uscio di casa da due colpi sparati in sequenza e all’altezza dello stomaco da un fucile da caccia. Chi ha aperto il fuoco lo ha fatto a distanza ravvicinata, avendo davanti a sé la vittima, faccia a faccia, e uno dei pallini si sarebbe conficcato sul portone.
È giallo sulla morte di Mauro Pretto, 47 anni, trovato ieri senza vita nel cortile della sua abitazione di contrada Gazza a Zovencedo, un piccolo paese sui colli berici. Un vecchio stabile diroccato, in mezzo al verde, raggiungibile solo dopo circa tre chilometri di strada bianca e impervia, percorribile a fatica anche in auto. Una sorta di paradiso terreste, dalla gran pace. Ma isolato. Tanto che nessuno avrebbe udito i colpi e nessuno avrebbe notato qualcuno o qualcosa di strano. Solo l’insistente abbaiare dei cani. Del resto la prima abitazione utile si trova a centinaia di metri. Ad allertare i soccorsi, ieri dopo le 13, è stato un vicino, un albanese, che a quanto è dato sapere doveva andare con lui all’ecocentro ed effettuare alcuni lavoretti. Non avendo risposta, nonostante l’appuntamento concordato, il vicino è andato comunque a casa di Pretto, assieme ad un altro residente della zona.
E qui lo hanno trovato senza vita all’ingresso dell’abitazione, il corpo riverso per terra. Inizialmente i due avevano sospettato che fosse stato stroncato da un malore, poi hanno notato i fori e il sanguinamento all’altezza dello stomaco. E hanno composto i numeri di emergenza. Facendo intervenire gli operatori del Suem che però hanno solo potuto constatare il decesso, che risalirebbe ad ore prima, e i carabinieri. Le prime informazioni parlavano di quattro colpi al petto, poi dopo accertamenti più approfonditi, il numero si è ridotto, dimezzato. Ma maggiori e più precise risposte le darà l’autopsia. Per ora ieri il medico legale, arrivato fino all’ultima casa della collina con il pubblico ministero di turno, si è limitato ad un esame esterno del corpo. Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Vicenza, sul posto con i colleghi della scientifica e pure della squadra mobile, sono solo all’inizio. Al momento non si esclude alcuna pista anche se l’ipotesi della rapina sembra esclusa: Pretto non avrebbe avuto nulla da rubare. Faceva una vita senza troppe pretese, in grande semplicità e pure povertà a sentire chi lo conosceva in paese.
E lo stato della casa lo dimostrerebbe. Detto che tra le stanze non sarebbe stato trovato nulla di anomalo, niente che faccia pensare che qualcuno possa aver frugato. Eppure l’omicida avrebbe conosciuto bene il posto e la vittima. Avrebbe aspettato che rincasasse in casa per affrontarlo armato di fucile, per sparargli contro, essendo sicuro di ucciderlo. Ma perché lo ha fatto? Qualche screzio? Qualche conto in sospeso? Una vendetta?
Tutte ipotesi che ora gli investigatori dovranno vagliare attentamente. L’ultima volta era stato visto il pomeriggio di venerdì: era stato al bar del paese a vedere la tappa del giro d’Italia, fumando con alcuni avventori e bevendo un caffè. Poi aveva detto che il giorno dopo avrebbe dovuto svegliarsi presto, per effettuare alcuni lavori, e aveva inforcato la bici per tornare a casa. Dove ha trovato alla porta il killer. In paese sono tutti sconvolti. «Sparare a Mauro è come sparare ad un bambino», commenta con gli occhi rossi l’amico Massimo Resserini raccontando del soprannome «el talebano», della sua vita da «eremita». Ed ancora della passione per il legno da intagliare, dei lavoretti di sistemazione del verde che i residenti gli commissionavano, del recente lavoro che il fratello con un’attività di montaggio stand gli aveva affidato in vista dell’esposizione di Francoforte. E ancora delle sue pecore, a cui aveva dovuto rinunciare «causa sistema» diceva e degli amati cani. Il sindaco Luigina Crivellaro: «Siamo sotto choc, inspiegabile».
L’amico Lo soprannominavamo El Talebano, ma sparare a Mauro è come sparare a un bambino