Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Atlante, quanti errori Warrant o partono le cause»
Cavalcante: «Un anno fa vicini a chiudere l’aumento di capitale»
VENEZIA «La svolta va costruita sul warrant». Riparte dalla promessa fondamentale di Atlante, Matteo Cavalcante, 43 anni, presidente della rediviva Per Veneto Banca, l’associazione degli ex grandi soci di Montebelluna. Per l’imprenditore impegnato nell’azienda di famiglia, la Vagheggi di Vicenza, specializzata nei prodotti cosmetici professionali, le occasioni per tornare in campo sono due. Da una lato la seconda assemblea, giovedì sera a Villafranca, nel Veronese, con una cinquantina di soci presenti di persona o per delega, che proietta in un centinaio i partecipanti all’associazione. Dall’altro l’anniversario dell’elezione, nell’assemblea del ribaltone del 5 maggio 2016, del cda spinto dalle associazioni dei soci e guidato da Stefano Ambrosini, di cui Cavalcante fece parte. Era solo un anno fa, eppure l’anniversario è sfilato via inosservato. Anche perché pare passata un’èra geologica, visto com’è cambiato tutto un’altra volta. L’«esperimento» di Atlante è già bruciato e le due ex popolari si aggrappano alla fusione e all’aumento di capitale-monstre da 6,4 miliardi con i fondi statali. Bisognerà tornarci: il nodo di partenza è obbligato.
Cavalcante, il presidente Acri, Giuseppe Guzzetti, ha detto che i dati delle due banche un anno fa erano falsi.
«Sono andato a riguardarmi il prospetto dell’aumento di capitale da duemila pagine. Non so come si possa dire che fossero falsi: la criticità della situazione era chiaramente esposta. Guzzetti con chi se la prende? Con Consob o Bce che i dati avevano avvallato? E ci sono altre due questioni».
Vediamole.
«Il prospetto era costruito sul bilancio trimestrale chiesto da Bce, ereditato dal cda di Bolla. E lo stesso cda voluto da Atlante, ad agosto, approvò poi la semestrale. Come può Guzzetti a quel punto dire che i dati erano falsi? E se lo fossero stati, come avrebbe fatto Atlante a confermare Cristiano Carrus e Francesco Iorio come amministratori delegati? Mi sembra un’uscita per giustificare una gestione improvvisata e i tanti errori compiuti».
Che sarebbero?
«Era da sprovveduti affrontare una ristrutturazione bancaria senza attrezzarsi di competenze specifiche. In più Alessandro Penati si è affidato a Carrus e Iorio che non ne hanno in quell’ambito. Atlante ha fatto poi promesse non mantenute, a partire dal warrant. Il cda appare immobile, ha tagliato i rapporti col territorio e spinto alle dimissioni l’ex presidente Beniamino Anselmi, l’unico che aveva in testa l’urgenza di un recupero della fiducia e dell’operatività di Veneto Banca. Infine un serio taglio delle spese non si è visto. Anzi, hanno permesso stipendi, come quelli di Carrus e dell’Ad di Intermobiliare, Giorgio Girelli, fuori dal mondo per banche alla deriva. Senza contare la conferma del presidente del collegio sindacale Marcello Condemi, nonostante quanto emerso sui dialoghi con Consoli dai documenti dell’inchiesta penale».
Messa così, uno strano modo per riaprire il dialogo.
«Noi puntiamo ancora a riaprirlo con Veneto Banca, pur se non nascondo che molti di noi, sfiancati, hanno portato via i conti; e che stiamo attrezzando anche un team legale per valutare le cause. Su finanziamenti baciati e risarcimenti sul prezzo delle azioni, dove pensiamo di percorrere la via del diritto di recesso, ci sono in ballo 300 milioni».
Anche qui, offrire il dialogo minacciando le cause appare contraddittorio. E poi: dialogo su cosa?
«Innanzitutto sul warrant: è il punto di svolta. Garantirebbe un risarcimento a tutti e farebbe venir meno molte pretese risarcitorie. E poi la richiesta è di avere rappresentanti in cda. Per riallacciare i rapporti con il territorio e condividere idee su un rilancio vero di Veneto Banca. Da fare con una guida diversa da Carrus e un cda espressione di un progetto industriale, in cui dovrebbe esserci anche la gestione sofferenze. Non si capisce perché venderle, facendo fare l’affare del recupero ad altri. Magari ad Atlante, che rischia di esser in conflitto d’interessi».
Ma voi siete pro o contro la fusione con Vicenza?
«Contro. Continuo a trovarla insensata. Veneto Banca può farcela da sola».
Ma se la fusione va avanti, vi immaginate clienti della nuova banca?
«Al momento no».
Ma allora con chi aprite il dialogo se il cda di Veneto Banca è per quel piano?
«Per ora è Viola il terminale. È lui che ha il comando».
Resta sempre la questione di un anno fa, l’accusa dell’allora presidente Pierluigi Bolla di voi come i pro-Consoli, con centinaia di milioni di prestiti in difficoltà.
«Siamo imprenditori e professionisti in un rapporto con la banca per creare reddito e restituire i soldi. Basta con il dire che siamo quelli indebitati: per i tre quarti di noi i prestiti sono in bonis. Non si possono confondere gli imprenditori con chi ha approfittato della vicinanza a Consoli».
I dati falsi di Guzzetti? Anche il loro board ha dato l’ok: come può dirlo?
Accennava all’aumento di capitale di un anno fa. Ancor’oggi non si è capito bene cosa avevate in testa.
«Eravamo entrati per riallacciare il rapporto con il territorio. La possibilità in Veneto Banca c’era, a giudicare dall’effervescenza di allora, in rapporto al deserto che già si vedeva a Vicenza. Sarebbe servito più tempo per organizzare l’aumento di capitale: Bce non lo diede. Ma confermo che fino all’ultimo c’era stata una possibilità concreta di chiudere un’operazione con 200 milioni del territorio e 600 dei fondi d’investimento. Atlante avrebbe dovuto chiudere la partita. Ma dopo la parole dell’amministratore delegato di Intesa, Carlo Messina, nel cda del 30 maggio Imi ritirò la garanzia e Atlante scese in campo, con la clausola del 51%. A quel punto la partita era chiusa. Ma ci eravamo andati vicini».
Cda fermo e il taglio della spesa non s’è visto a differenza dei mega stipendi