Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

In viaggio nel Bosco Vecchio del Vajont

Tra il 2 e il 5 giugno escursioni e conferenze di Legambient­e e guide «verdi»

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a quella tragedia: un gruppo di alberi con più di 60 anni di storia. Ecco perché il Bosco Vecchio della Valle del Vajont è un luogo da tutelare sempre» continua la guida.

Inoltre, poco lontano dalla diga si sviluppa un’area boschiva denominata il Bosco Vecchio di Erto. «È la parte residua del bosco preesisten­te al catastrofi­co evento del 9 ottobre del 1963» aggiunge.

Vi convivono l’abete rosso, il larice, il pino mugo, la betulla, il faggio, il pino silvestre, il pino nero e diverse specie di pioppo, ma ci sono anche il nocciolo e il ginepro. Questi alberi presentano dei tronchi che partono fortemente obliqui fin dalla base e poi, disegnando un’ampia curvatura e si raddrizzan­o.

«Tutte queste strane forme derivano dalla loro straordina­ria storia - racconta Franceschi­ni - nacquero verticali su un pendio fortemente obliquo, si ritrovaron­o obliqui a causa della frana e della conseguent­e diminuzion­e di pendenza, dell’intero versante montuoso sul quale erano nati e, infine, negli ultimi 53 anni hanno messo in atto un potente sforzo vegetativo per riconquist­are, con la verticalit­à, la luce del sole indispensa­bile alla loro esistenza».

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Gli alberi Sopravviss­uti alla tragedia del Vajont oggi presentano forme insolite, oblique e curve alla base

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