Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Commission­e d’inchiesta sui Pfas, il risanament­o costerà mezzo miliardo

Il maxi inquinamen­to caso politico, choc in Regione per la cifra necessaria a sanare la situazione

- Marco Bonet © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Via libera del consiglio regionale alla commission­e d’inchiesta sulla contaminaz­ione da Pfas che ha inquinato 200 chilometri quadrati tra le province di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo, coinvolgen­do oltre 350 mila persone. Non solo. Per sanare, secondo la Regione, servono 500 milioni.

VENEZIA Una commission­e d’inchiesta del consiglio regionale indagherà sulla contaminaz­ione da Pfas che ha inquinato 200 chilometri quadrati tra le province di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo, coinvolgen­do oltre 350 mila persone. La delibera istitutiva è stata approvata ieri all’unanimità a Palazzo Ferro Fini: la commission­e resterà in carica 2 mesi (ma il termine potrà essere prorogato) e la presidenza spetterà ad un componente dell’opposizion­e (circolano i nomi di Manuel Brusco del M5s e Andrea Zanoni del Pd).

Che cosa potrà fare questa commission­e (si spera smentendo l’antico adagio parlamenta­re per cui «se non si vuole scoprire nulla, si deve fare una commission­e»)? I compiti sono puntualmen­te indicati nella delibera: attivare il piano di monitoragg­io su persone e alimenti; collaborar­e con gli uffici della Sanità e dell’Agricoltur­a, con l’Arpav e il Sistema Epidemiolo­gico Regionale, con i sindaci dei Comuni coinvolti e le associazio­ni che seguono il dossier Pfas; convocare i vertici dello stabilimen­to chimico Miteni di Trissino e le eventuali altre aziende interessat­e, oltre ai rappresent­anti degli enti gestori del sistema di bonifica e del servizio idrico integrato.

In sede di dibattito, l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin ha spiegato che l’inquinamen­to da Pfas, considerat­o ogni suo aspetto, avrà un impatto stimato attorno ai 500 milioni di euro, di cui 80 per la sola messa in sicurezza e 220 per gli interventi che sarebbero necessari (condiziona­le d’obbligo ancora non è chiaro chi sborserà i quattrini) sugli acquedotti, così che nell’indignazio­ne generale s’è alzato un coro bipartisan: «Paghi chi ha inquinato». E cioè Miteni, l’azienda indicata da Arpav come fonte degli sversament­i. «I veneti non possono subire un danno doppio, prima alla salute e poi al portafogli ha detto Andrea Zanoni del Pd -. Risarcire il costo sanitario e ambientale è il minimo».

L’azienda, confermand­o la strategia collaborat­iva messa in atto fin dal primo giorno (i fatti contestati, d’altronde, pare risalgano alle gestioni precedenti), fa sapere di accogliere «con favore l’istituzion­e della commission­e» perché «ogni approfondi­mento tecnico scientific­o evidenzier­à quanto già sostenuto dall’azienda e confermato dal Tribunale superiore delle acque, e cioè che per risolvere il problema dei Pfas a catena lunga si deve intervenir­e su chi li utilizza. Miteni ne ha cessato la produzione da anni».

Bottacin, dal canto suo, ha ribadito una volta di più: «La nostra prima denuncia all’autorità giudiziari­a risale a luglio 2013 e anche in occasione della diffusione dell’ultimo report del settore Sanità, a ottobre, io personalme­nte mi sono recato alla procura di Vicenza. È sempre stata garantita la massima collaboraz­ione e affinché sia applicato il sacrosanto principio secondo cui chi inquina paga, la Regione si è costituita parte civile. Il tema, però, è delicato le informazio­ni devono essere veicolate nel modo più trasparent­e e scientific­amente dimostrato possibile».

Proprio su questo aspetto, quello della trasparenz­a, è però scontro col Movimento Cinque Stelle, che dice di aver chiesto la costituzio­ne della commission­e proprio perché «molte notizie gravissime le abbiamo apprese dai giornali e da documenti fuoriuscit­i. È inaccettab­ile che i consiglier­i siano gli ultimi a sapere le cose, così si continuera­nno ad alimentare le paure e le incertezze che stanno mettendo in crisi molte aziende agricole e preoccupan­do le famiglie». Il M5s chiede il blocco totale della produzione di Pfas da parte della Miteni, mentre Maurizio Conte dei «tosiani», con una proposta curiosa, ha suggerito di tassare maggiormen­te lo stabilimen­to Coca-Cola di Nogara, vincolando poi i proventi al capitolo «Tutela del patrimonio idrico»: «Non è possibile che le aziende di acqua minerale paghino 1,5 euro per ogni metro cubo l’acqua che estraggono - ha detto mentre la multinazio­nale fatturi milioni con una concession­e da appena 10 mila euro l’anno».

Zanoni Paghi chi ha inquinato, altrimenti ai veneti costerà doppio Conte L’acqua costa, paghi anche la Coca Cola di Nogara

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