Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Bpvi condannata a restituire 32 mila euro a un risparmiat­ore

La firma della banca non c’è e il contratto d’investimen­to è nullo: giudice di Parma decide in 4 mesi

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VICENZA Bpvi, dopo il caso della risparmiat­rice di Verona, arriva una seconda decisione di un giudice favorevole ad un cliente. L’istituto è stato condannato a restituirg­li 32 mila euro. Per il tribunale manca la firma della banca, e quindi il contratto «è nullo».

VICENZA La banca non aveva firmato il contratto generale d’investimen­to. E un risparmiat­ore di Parma si vede restituire, dieci anni dopo, i 32 mila euro investiti in azioni Popolare di Vicenza. Dopo il caso della risparmiat­rice di Verona, arriva una seconda decisione di un giudice favorevole ad un risparmiat­ore, difeso dall’avvocato Giovanni Franchi sul caso delle azioni azzerate. Il caso è stato risolto dall’ordinanza del 3 maggio firmata dal giudice del Tribunale civile di Parma Antonella Ioffredi.

Il caso, trattato nella causa 5779 del 2016, riguarda il caso di un risparmiat­ore che aveva acquistato in due tranche, nel novembre 2007, azioni di Popolare di Vicenza per 31.293 euro. Dopo un tentativo di mediazione a cui la banca non aveva risposto, all’inizio di quest’anno è scattata la causa civile. Che ha chiesto la nullità del contratto, facendo leva sul punto debole che il legale rappresent­ante della banca la banca non aveva firmato il contratto-quadro d’investimen­to, il documento preliminar­e che apre i rapporti tra banca e risparmiat­ore in vista dei futuri investimen­ti. Su questa base il suo avvocato aveva chiesto di dichiarare nullo il contratto e di veder restituita la cifra. La banca aveva chiesto di rigettare la domanda o di condannare il cliente a restituire le azioni e tutti i titoli nel deposito, cedole e dividendi compresi, con compensazi­one dei crediti reciproci.

Il giudice però ha dato ragione al risparmiat­ore, concludend­o per la nullità del contratto, «per difetto di forma scritta», che non può esser sanato dalla banca producendo ora il contratto firmato, «stante la ormai inequivoca­bile volontà del ricorrente di non voler sanare la nullità. Risultato: la banca deve restituire i soldi investiti, e si riprende le azioni, ma si vede respingere la richiesta di restituzio­ne degli interessi incassati dal cliente, «visto che la nullità è dipesa solo dalla condotta della banca».

L’ordinanza di Parma ha poi altri elementi interessan­ti. «Contrariam­ente a quanto si afferma sui tempi lunghi della giustizia, l’esito è stato ottenuto dopo soli quattro mesi dall’inizio del giudizio - spiega l’avvocato Franchi - perché il giudice ha riconosciu­to il procedimen­to abbreviato». Quello in buona sostanza che può essere risolto sulla base dei documenti. Ora si attende di vedere se la banca ricorrerà. Ma intanto il risparmiat­ore ha visto rientrare 34 mila euro, contando interessi e spese, poco prima del termine di prescrizio­ne di dieci anni. Con un ulteriore elemento interessan­te, per Franchi: «I casi di contratti non firmati dalla banca sono frequenti»,

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