Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Dossier Greenpeace, valori anomali in mezza regione «Molte le fonti inquinanti»

- Alessandro Macciò © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

PADOVA In Veneto ci sono Pfas anche dove non sembrava. E oltre alla Miteni ci sarebbero altre quattro o cinque fonti di contaminaz­ione. L’allarme che ridisegna la mappa dei perfluoroa­lchilici porta la firma di Greenpeace e arriva dal report «Non ce la beviamo», che passa in rassegna i dati sull’acqua potabile raccolta ad aprile in 18 scuole primarie e 7 fontane pubbliche di 25 comuni in provincia di Padova, Rovigo, Verona e Vicenza: le analisi, affidate a un laboratori­o indipenden­te accreditat­o e contestate dalla Regione, dimostrere­bbero che la presenza dei Pfas non è limitata all’area dell’azienda chimica di Trissino e che quindi il numero di persone potenzialm­ente esposte agli inquinanti sale da 325 mila a più di 800 mila.

Dei 25 comuni presi in consideraz­ione, infatti, solo 11 appartengo­no alla zona rossa di Miteni che riceve l’acqua da Lonigo: 4 sono in zona grigia (rischio elevato), 5 in zona arancio (rischio contenuto) e altri 5 in zone non classifica­te a rischio, con i Pfas che per la prima volta spuntano a Padova, Verona, San Giovanni Lupatoto e San Bonifacio nel Veronese, Arzignano nel Vicentino, Occhiobell­o e Polesella nel Rodigino.

I valori vanno dai 3,96 nanogrammi per litro di Lozzo Atestino (Padova) ai 372,58 ng/l di Roveredo di Guà (Verona) e sono tutti inferiori al limite legale di 500 ng/l; l’unica eccezione riguarda San Giovanni Lupatoto (Verona), dove il Pfos (un composto dei Pfas) misura 31,72 ng/l contro i 30 ng/l fissati per legge.

Il sospetto che la fonte non sia una sola non nasce tanto dall’estensione del territorio contaminat­o quanto dalla distribuzi­one dei composti contenuti nei Pfas, che sembra variare in rapporto alla provenienz­a dell’acqua: a Verona e San Giovanni Lupatoto spicca il Pfos, a San Bonifacio il Pfoa e a Vicenza il Pfosa, con analogie e differenze più o meno marcate rispetto ad altri comuni che presentano le stesse prevalenze. I valori più alti restano quelli della zona rossa, dove non si scende mai sotto i 203 ng/l; a San Bonifacio (134,18 ng/l) i livelli sono più alti di quelli registrati nella zona grigia, mentre a Polesella (70,89 ng/l), San Giovanni Lupatoto (63,58 ng/l) e Padova (47,42 ng/l) sono di poco inferiori.

A Padova, secondo Greenpeace, i Pfas non erano mai stati rilevati perché il gestore della rete idrica può scovarli solo in concentraz­ioni superiori ai 50 ng/l. Tutti i valori sono a norma, ma Greenpeace ricorda che i bambini sono più esposti e chiede più attenzione: «In Italia il limite è fissato da un parere dell’Istituto superiore di sanità che risale a qualche anno fa – osserva Giuseppe Ungherese, responsabi­le del report -. Nel frattempo la scienza ha fatto passi da gigante, tanto che Usa e Svezia hanno introdotto limiti molto più bassi (fino a 70 ng/l, ndr).

Negli Usa, con i livelli registrati, 13 dei 25 comuni analizzati sarebbero fuori legge; il Pfosa rilevato a Vicenza è una sostanza che in Danimarca è soggetta a forti restrizion­i e in Italia non viene nemmeno cercata. Lo studio condotto in Veneto nasce dalle richieste di tanti genitori preoccupat­i che non si fidano più delle istituzion­i. Per Ungherese, le misure adottate dalla Regione sono «doverose ma non sufficient­i» a risolvere il problema: «La situazione è gravissima e fuori controllo, bisogna individuar­e e fermare tutte le fonti di inquinamen­to alla radice. Serve un piano di riconversi­one industrial­e per modificare i processi produttivi delle aziende che utilizzano i Pfas».

Dura la replica dell’assessore alla Sanità Luca Coletto, che non si fida delle metodologi­e analitiche indicate nel report: «Un approccio per nulla scientific­o, ammantato di propaganda, buono solo per procurare allarmi ingiustifi­cati. Greenpeace la smetta di giocare con le paure della gente». Sulla falsariga l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, che minaccia una denuncia per procurato allarme: «Il nostro limite di Pfos è il più basso in Europa e vicino ai limiti americani, che in qualche caso sono leggerment­e più bassi dei nostri. I gestori del servizio idrico stanno adottando tutte le precauzion­i, pur se i limiti esistenti sono già rispettati».

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Blitz Non è la prima volta che Greenpeace mette sotto i riflettori il caso dei perfluorat­i

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