Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Nanopartic­elle e virus modificati per diagnostic­are il morbo di Crohn

Il metodo scoperto grazie alla ricerca condotta a Padova e Feltre

- Andrea Zucco © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

FELTRE (BELLUNO) Una nanopartic­ella che trasporta le molecole indispensa­bili per diagnostic­are la malattia esatta in quel 10-15% dei casi in cui può essere confusa con un’altra: è il nuovo metodo per la diagnosi della colite ulcerosa e della malattia di Crohn scoperto grazie ai quattro anni di ricerca spesi dall’Università di Padova e dai medici dell’unità di Gastroente­rologia dell’ospedale di Feltre, punto di riferiment­o extraregio­nale per la cura e la diagnosi delle patologie dell’apparato digerente.

Non sempre è possibile distinguer­e, in fase diagnostic­a, la colite ulcerosa dalla malattia di Crohn: un paziente su 10 torna a casa con una diagnosi generica di colite. Lo studio veneto, pubblicato anche sulla prestigios­a rivista scientific­a Nanomedici­ne pochi giorni fa, potrà dare una risposta concreta a medici e pazienti. Si tratta, infatti, di una ricerca traslazion­ale: fin dall’inizio, il ricercator­e ha come obiettivo il trasferime­nto dei risultati ottenuti in applicazio­ni cliniche. «Non c’è cura senza ricerca, e non è pensabile che un centro di valenza extraregio­nale non si occupi anche di questo», rivendica il dottor Michele De Boni, primario di Gastroente­rologia a Feltre.

Già nel 1992, il reparto si distinse per un lavoro di ricerca sulla prevenzion­e territoria­le da infezione da «Helicobact­er pilori», tra gli agenti responsabi­li della gastrite cronica. Quello studio, pubblicato sulla rivista Lancet, venne fatto proprio dalla comunità scientific­a internazio­nale.

La ricerca pubblicata negli ultimi giorni si concentra sulla diagnostic­a. «Abbiamo utilizzato uno strumento particolar­e, ovvero i virus ingegneriz­zati e quindi innocui, per il trasporto di molecole diverse – spiega Margherita Morpurgo, ricercatri­ce del Dipartimen­to del Farmaco dell’Università di Padova - Abbiamo iniziato con una libreria iniziale di 100 milioni di molecole». Attraverso i test successivi, il numero è stato progressiv­amente scremato. Sono state isolate le molecole in grado di rivelare la presenza della colite ulcerosa e della malattia di Crohn. Quelle che fungevano da «spia» di entrambe le patologie sono state successiva­mente escluse perché non avrebbero sciolto il dubbio iniziale sull’esatta identità del problema riscontrat­o dal paziente. Alla fine, si è arrivati all’applicazio­ne clinica, attraverso le nanopartic­elle che fungono da vettori delle molecole-detective.

Il team di ricerca spera di aver messo a segno un passo in avanti per la cura delle malattie infiammato­rie croniche dell’intestino, una classe di patologie che registra tra i 177 e il 254 casi ogni 100 mila abitanti e che, appunto, presentano in alcuni casi dubbi diagnostic­i. Lo svolgiment­o dello studio è stato possibile anche grazie al sostegno finanziari­o di due associazio­ni di volontaria­to, ovvero «Arianna – Il filo della solidariet­à» di Feltre e l’associazio­ne «Roberto Farini» di Padova, entrambe attive nel campo del sostegno alla prevenzion­e, alla cura e alla ricerca delle malattie gastroente­rologiche.

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