Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Nanoparticelle e virus modificati per diagnosticare il morbo di Crohn
Il metodo scoperto grazie alla ricerca condotta a Padova e Feltre
FELTRE (BELLUNO) Una nanoparticella che trasporta le molecole indispensabili per diagnosticare la malattia esatta in quel 10-15% dei casi in cui può essere confusa con un’altra: è il nuovo metodo per la diagnosi della colite ulcerosa e della malattia di Crohn scoperto grazie ai quattro anni di ricerca spesi dall’Università di Padova e dai medici dell’unità di Gastroenterologia dell’ospedale di Feltre, punto di riferimento extraregionale per la cura e la diagnosi delle patologie dell’apparato digerente.
Non sempre è possibile distinguere, in fase diagnostica, la colite ulcerosa dalla malattia di Crohn: un paziente su 10 torna a casa con una diagnosi generica di colite. Lo studio veneto, pubblicato anche sulla prestigiosa rivista scientifica Nanomedicine pochi giorni fa, potrà dare una risposta concreta a medici e pazienti. Si tratta, infatti, di una ricerca traslazionale: fin dall’inizio, il ricercatore ha come obiettivo il trasferimento dei risultati ottenuti in applicazioni cliniche. «Non c’è cura senza ricerca, e non è pensabile che un centro di valenza extraregionale non si occupi anche di questo», rivendica il dottor Michele De Boni, primario di Gastroenterologia a Feltre.
Già nel 1992, il reparto si distinse per un lavoro di ricerca sulla prevenzione territoriale da infezione da «Helicobacter pilori», tra gli agenti responsabili della gastrite cronica. Quello studio, pubblicato sulla rivista Lancet, venne fatto proprio dalla comunità scientifica internazionale.
La ricerca pubblicata negli ultimi giorni si concentra sulla diagnostica. «Abbiamo utilizzato uno strumento particolare, ovvero i virus ingegnerizzati e quindi innocui, per il trasporto di molecole diverse – spiega Margherita Morpurgo, ricercatrice del Dipartimento del Farmaco dell’Università di Padova - Abbiamo iniziato con una libreria iniziale di 100 milioni di molecole». Attraverso i test successivi, il numero è stato progressivamente scremato. Sono state isolate le molecole in grado di rivelare la presenza della colite ulcerosa e della malattia di Crohn. Quelle che fungevano da «spia» di entrambe le patologie sono state successivamente escluse perché non avrebbero sciolto il dubbio iniziale sull’esatta identità del problema riscontrato dal paziente. Alla fine, si è arrivati all’applicazione clinica, attraverso le nanoparticelle che fungono da vettori delle molecole-detective.
Il team di ricerca spera di aver messo a segno un passo in avanti per la cura delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino, una classe di patologie che registra tra i 177 e il 254 casi ogni 100 mila abitanti e che, appunto, presentano in alcuni casi dubbi diagnostici. Lo svolgimento dello studio è stato possibile anche grazie al sostegno finanziario di due associazioni di volontariato, ovvero «Arianna – Il filo della solidarietà» di Feltre e l’associazione «Roberto Farini» di Padova, entrambe attive nel campo del sostegno alla prevenzione, alla cura e alla ricerca delle malattie gastroenterologiche.