Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Aeropittura, a Padova quadri e sculture della passione futurista
Era Antoine de Saint-Exupéry, ancor più di Marinetti, l’idolo degli artisti artefici della frattura che segnò il passo dal primo al secondo futurismo. Frattura siglata nel 1929 all’apparire de «Il Manifesto del l’Aeropittura». Perché Saint-Exupéry volava sul serio, non stava in salotto a dipingere aeroplani! Infatti morì in volo nel 1944, precipitando. All’Aeropittura è dedicata la mostra che si terrà fino al 30 luglio 2017 ai Musei Civici agli Eremitani curata da Claudio Reschenini con catalogo Skira. Circa 60 opere, tra dipinti e disegni, provenienti da collezioni private. Una mostra che ci farà capire quei distinguo indicati da Marinetti in seno alla Quadriennale del 1939, ovvero: chi dipingeva avendo una reale esperienza del volo e chino. Trale sezioni esposte :« verismo sintetico documentario visto dall’alto» con Guglielmo Sansoni (Tato), Alfredo Gauro Ambrosi, Italo Fasulo e Giulio d’Anna e l’Aeropittura «trasfiguratrice, lirica e spaziale» di Vladimiro Tulli, Osvaldo Peruzzi,
Angelo Caviglioni di cui citiamo il significativo «Rivelazioni Cosmiche» del 1932. In esposizione anche l’Aeropittura «essenziale, mistica, ascensionale e simbolica» di Bruno Munari, Domenico Belli, Nello Voltolina e quella «essenziale, stratosferica, cosmica e biochimica» di Tullio Crali, l’artista più giovane della covata eppure tra i più significativi con Sansoni e Tato. Crali iniziò a volare nel 1928: l’esperienza di pilota influenzò la sua produzione artistica, che fu esposta anche a Padova, e che conquistò Parigi nel 1932 durante la prima esposizione dedicata all’aeropittura. Il movimento fu ed è molto amato in America e in Franca, poco in Italia. Padova è il trait d’union che unisce la mostra di Aeropittura ai Musei Civici Eremitani e quella dello scultore Marcello Mascherini a Palazzo Zuckermann, sempre fino al 30 luglio 2017. Valente scultore del Novecento, Mascherini, udinese di nascita, morì a Padova nel 1983. In esposizione circa 50 sculture tra le quali «Danzatrice» e «Amazzone», bronzi rientrati da poco in Italia da Svizzera e Germania. L’esposizione indaga i frequenti rapporti dello scultore e scenografo con Padova e i suoi artisti, cercando di ripercorrerne l’intero percorso artistico. Tappe salienti sono le opere realizzate a partire dal 1940 per l’Università patavina chiamato su segnalazione di Giò Ponti insieme ad altri importanti artisti come Martini, Campigli, De Pisis, Severini, Saetti e Funi.