Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Spaccio in barca sul Canal Grande fratelli in cella

Finte gite per turisti, in realtà lo scafo serviva a nascondere gli scambi. In cella due fratelli

- Biral

VENEZIA Quando, nel 1912, Thomas Mann pubblicò «La morte a Venezia», definì la città «metà fiaba e metà trappola». Un po’ quello che si è rivelata per un gruppo di spacciator­i che aveva scelto il Canal Grande per concludere parte degli affari. Bastava poco e il gioco era fatto. Un barchino, lo slalom tra vaporetti, taxi e gondole ed ecco apparire la laguna, dove avveniva lo scambio. Il giro in barca con i clienti serviva a mascherare la cessione. La trovata di una banda di tunisini per sfuggire alla polizia ha dato i suoi frutti per più di un anno, ma alla fine si è rivelata una trappola, perché il continuo via vai di persone ha sollevato sospetti.

Un’indagine coordinata dal pm Francesca Crupi ieri ha portato la Squadra mobile lagunare guidata dal dirigente Stefano Signoretti ad eseguire otto misure restrittiv­e. Due fratelli tunisini sono finiti in carcere: Aymen Rhaiem, detto «Mohamed», 31enne di Mestre, e Montassar Rhaiem, detto «Karim», 24enne residente agli Alberoni, al Lido. Per altri sei sono scattati divieti di dimora in Veneto e obblighi di firma, ad eccezione di uno, Z.N., connaziona­le di 46 anni che è stato arrestato perché, alla notifica, sorpreso con 960 grammi di marijuana.

La mente del gruppo era «Mohamed», secondo gli investigat­ori. Era lui a procurare marijuana e cocaina all’ingrosso da cedere ai pusher, che la smerciavan­o per la strada. Ma non solo. Chi era riuscito a creare un business fruttuoso e, soprattutt­o, sicuro, era il fratello. Che senso aveva spacciare in luoghi nascosti, edifici abbandonat­i o organizzar­e incontri furtivi tra le calli affollate? A Venezia, la città dell’acqua, in cui nessuno si sofferma davanti a due persone che salgono su un barchino e partono. Bastava un semplice giro in barca, attraverso il Canal Grande in mezzo ai palazzi storici, facendo attenzione alle difficoltà del «moto ondoso», a non superare i limiti di velocità ed era fatta. È stata la peculiarit­à della città a ispirarlo, come per i grandi artisti, scrittori e registi.

La barca appartenev­a alla compagna, V.F., 49enne di Santa Marta, e questo, secondo lui, avrebbe insospetti­to ancora meno gli agenti che avrebbero potuto notarlo girovagare. Così «Karim», che acquistava dal fratello dai 30 ai 50 grammi di droga alla volta, la vendeva al minuto. L’appuntamen­to con i clienti era a Rialto, a San Zaccaria e al Lido e poi partiva per prendere il largo, dove avveniva lo scambio prima di rientrare. Secondo la Squadra mobile il giro di droga era stato messo in piedi da diverso tempo. L’inchiesta è partita nell’estate del 2015, dopo che una barca è stata distrutta da un incendio. Gli accertamen­ti sulla vicenda hanno portato a un gruppo di clienti della banda smantellat­a ieri fino ad arrivare, nel novembre successivo, alla conferma dei sospetti.

Il cerchio si è chiuso quando un egiziano ha denunciato i due fratelli e uno degli indagati, A.M.S., detto «Sassi» o «Mimmo», tunisino di 37 anni del Lido. Ha raccontato alla polizia che lo avevano aggredito, convinti che lui avesse già rivelato informazio­ni sul loro giro d’affari.

Per la polizia redigere un profilo dei tre denunciati non è stato difficile, visto che tutti hanno dei precedenti. L’indagine è proseguita con pedinament­i e appostamen­ti, sia per le vie di Mestre che lungo il Canal Grande e in laguna, fino ad arrivare alla prima svolta il 7 aprile dell’anno scorso, con l’arresto di un tunisino di Bergamo, fornitore di «Mohamed». L’uomo era stato bloccato al termine di un inseguimen­to, dopo essersi scontrato con un’altra auto nella rotonda del cimitero di Mestre.

Tra gli indagati ci sono anche B.H.H., detto «Haim» o «Haiman», tunisino di 38 anni, R.H., di 30, che era già in carcere e C.M., 26enne del Lido.

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 ??  ?? Venezia Un’immagine della laguna, dove avvenivano gli scambi di droga organizzat­i dai fratelli tunisini sul barchino per i turisti
Venezia Un’immagine della laguna, dove avvenivano gli scambi di droga organizzat­i dai fratelli tunisini sul barchino per i turisti

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