Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Cento preti a Cona «Accogliere i profughi nelle parrocchie»
Padova, la Diocesi forma i suoi parroci. Don Cagol: «Noi spingeremo un modello diverso»
PADOVA Un centinaio di sacerdoti della diocesi di Padova tra i migranti del campo di Conetta. È accaduto ieri, in occasione di un incontro organizzato con l’obiettivo di creare un confronto sul tema dell’accoglienza.
CONA (VENEZIA) «La presenza di persone richiedenti asilo, che a molti è sembrata una disgrazia, per la nostra comunità è stata un’opportunità e un dono».
Si parte da qui, dalle parole di don Stefano, il parroco di Cona, che prova a ribaltare la prospettiva: a sentire questo sacerdote, il fenomeno migratorio non è una bomba a orologeria da disinnescare prima che esploda, ma un’occasione da cogliere.
Ad ascoltarlo ci sono un centinaio di sacerdoti della diocesi di Padova, che ieri hanno raccolto l’invito a un incontro di formazione sul tema dell’accoglienza dei migranti. Nulla di strano, visto che anche papa Francesco ha invitato la Chiesa a fare di più per aiutare quei disperati che sbarcano sulle nostre coste.
A stupire, è invece il luogo scelto per ospitare il «corso» riservato a preti e diaconi: il campo di accoglienza di Conetta, che da quasi due anni ospita centinaia di profughi e che a gennaio era stato occupato per alcune ore dagli stessi ospiti che protestavano per le condizioni di vita e che avevano sequestrato una ventina di operatori. Si tratta di un’ex base missilistica divenuta il simbolo dell’«invasione» che viene dall’Africa e che fa gridare allo scandalo i sindaci del Veneto. Insomma, non certo un modello da replicare.
Eppure per tutta la mattinata i sacerdoti hanno pregato con gli ospiti, ascoltato le loro storie, hanno visitato il campo e mangiato nella mensa. Ma soprattutto hanno discusso di modelli di accoglienza e del ruolo che le parrocchie possono ritagliarsi nella difficile gestione del fenomeno migratorio.
A guidarli c’erano le riflessioni di un pastore cristiano, quelle del responsabile della Caritas italiana Oliviero Forti e dei delegati del vescovo, compreso il vicario episcopale per i rapporti con il territorio, don Marco Cagol. È quest’ultimo a spiegare che la diocesi di Padova sta facendo molto: «Le parrocchie che hanno spazi adeguati, stanno già ospitando delle famiglie. E altri migranti, ci auguriamo, arriveranno presto. Chi non ha camere disponibili, invece, si darà da fare su altri fronti, a cominciare da quello culturale: nel rispetto delle diverse sensibilità, il prete ha il compito di mediare all’intero della propria comunità per far comprendere l’importanza del dialogo e dell’integrazione, cogliere le paure e rasserenare gli animi».
I numeri dicono che la Chiesa, in Italia, accoglie 25mila richiedenti asilo. Nella diocesi di Padova, sono ventidue le parrocchie che quasi sempre in collaborazione con la Caritas - hanno deciso di ospitare circa 120 migranti. Altri 218, invece, sono alloggiati all’interno di strutture che fanno capo agli enti religiosi della provincia.
Si tratta di piccoli gruppi di profughi sparsi per tutto il territorio. Un «sistema» molto diverso da quello messo in atto all’interno dell’ex base missilistica di Cona, dove sono stipati oltre mille stranieri. «Per noi la formula più efficace, che si chiede di attuare alle parrocchie, è quella dell’accoglienza diffusa», spiega Cagol. «Conetta dovrebbe essere un ruolo di passaggio, una breve parentesi per consentire il trasferimento in luoghi più idonei. Il problema è che mancano le alternative». Ed è proprio su questo che intende muoversi la Chiesa in Veneto, anche per scrollarsi di dosso le ombre dell’inchiesta che ha portato all’arresto del parroco di Capo Rizzuto, sospettato di contatti con la ‘ndrangheta che nell’isola avrebbe fatto affari d’oro gestendo i contratti di appalto e forniture per 1.500 migranti.
«Da noi queste cose non dovranno mai accadere - assicura un diacono al termine dell’incontro - Per ora le parrocchie non gestiscono direttamente i migranti ma li affidano alle cooperative. Abbiamo però l’obbligo di vigilare: l’accoglienza dev’essere legata alla misericordia, non al business».
Don Stefano I richiedenti asilo, che a molti sembrano una disgrazia, per la nostra comunità sono stati un’opportunità e un dono Don Marco Le parrocchie che hanno spazi adeguati, stanno già ospitando delle famiglie. E altri migranti, ci auguriamo, arriveranno