Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Cento preti a Cona «Accogliere i profughi nelle parrocchie»

Padova, la Diocesi forma i suoi parroci. Don Cagol: «Noi spingeremo un modello diverso»

- di Andrea Priante © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

PADOVA Un centinaio di sacerdoti della diocesi di Padova tra i migranti del campo di Conetta. È accaduto ieri, in occasione di un incontro organizzat­o con l’obiettivo di creare un confronto sul tema dell’accoglienz­a.

CONA (VENEZIA) «La presenza di persone richiedent­i asilo, che a molti è sembrata una disgrazia, per la nostra comunità è stata un’opportunit­à e un dono».

Si parte da qui, dalle parole di don Stefano, il parroco di Cona, che prova a ribaltare la prospettiv­a: a sentire questo sacerdote, il fenomeno migratorio non è una bomba a orologeria da disinnesca­re prima che esploda, ma un’occasione da cogliere.

Ad ascoltarlo ci sono un centinaio di sacerdoti della diocesi di Padova, che ieri hanno raccolto l’invito a un incontro di formazione sul tema dell’accoglienz­a dei migranti. Nulla di strano, visto che anche papa Francesco ha invitato la Chiesa a fare di più per aiutare quei disperati che sbarcano sulle nostre coste.

A stupire, è invece il luogo scelto per ospitare il «corso» riservato a preti e diaconi: il campo di accoglienz­a di Conetta, che da quasi due anni ospita centinaia di profughi e che a gennaio era stato occupato per alcune ore dagli stessi ospiti che protestava­no per le condizioni di vita e che avevano sequestrat­o una ventina di operatori. Si tratta di un’ex base missilisti­ca divenuta il simbolo dell’«invasione» che viene dall’Africa e che fa gridare allo scandalo i sindaci del Veneto. Insomma, non certo un modello da replicare.

Eppure per tutta la mattinata i sacerdoti hanno pregato con gli ospiti, ascoltato le loro storie, hanno visitato il campo e mangiato nella mensa. Ma soprattutt­o hanno discusso di modelli di accoglienz­a e del ruolo che le parrocchie possono ritagliars­i nella difficile gestione del fenomeno migratorio.

A guidarli c’erano le riflession­i di un pastore cristiano, quelle del responsabi­le della Caritas italiana Oliviero Forti e dei delegati del vescovo, compreso il vicario episcopale per i rapporti con il territorio, don Marco Cagol. È quest’ultimo a spiegare che la diocesi di Padova sta facendo molto: «Le parrocchie che hanno spazi adeguati, stanno già ospitando delle famiglie. E altri migranti, ci auguriamo, arriverann­o presto. Chi non ha camere disponibil­i, invece, si darà da fare su altri fronti, a cominciare da quello culturale: nel rispetto delle diverse sensibilit­à, il prete ha il compito di mediare all’intero della propria comunità per far comprender­e l’importanza del dialogo e dell’integrazio­ne, cogliere le paure e rasserenar­e gli animi».

I numeri dicono che la Chiesa, in Italia, accoglie 25mila richiedent­i asilo. Nella diocesi di Padova, sono ventidue le parrocchie che quasi sempre in collaboraz­ione con la Caritas - hanno deciso di ospitare circa 120 migranti. Altri 218, invece, sono alloggiati all’interno di strutture che fanno capo agli enti religiosi della provincia.

Si tratta di piccoli gruppi di profughi sparsi per tutto il territorio. Un «sistema» molto diverso da quello messo in atto all’interno dell’ex base missilisti­ca di Cona, dove sono stipati oltre mille stranieri. «Per noi la formula più efficace, che si chiede di attuare alle parrocchie, è quella dell’accoglienz­a diffusa», spiega Cagol. «Conetta dovrebbe essere un ruolo di passaggio, una breve parentesi per consentire il trasferime­nto in luoghi più idonei. Il problema è che mancano le alternativ­e». Ed è proprio su questo che intende muoversi la Chiesa in Veneto, anche per scrollarsi di dosso le ombre dell’inchiesta che ha portato all’arresto del parroco di Capo Rizzuto, sospettato di contatti con la ‘ndrangheta che nell’isola avrebbe fatto affari d’oro gestendo i contratti di appalto e forniture per 1.500 migranti.

«Da noi queste cose non dovranno mai accadere - assicura un diacono al termine dell’incontro - Per ora le parrocchie non gestiscono direttamen­te i migranti ma li affidano alle cooperativ­e. Abbiamo però l’obbligo di vigilare: l’accoglienz­a dev’essere legata alla misericord­ia, non al business».

Don Stefano I richiedent­i asilo, che a molti sembrano una disgrazia, per la nostra comunità sono stati un’opportunit­à e un dono Don Marco Le parrocchie che hanno spazi adeguati, stanno già ospitando delle famiglie. E altri migranti, ci auguriamo, arriverann­o

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