Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La montagna grida «Se ne vanno tutti la gente e il lavoro Venezia ci snobba»

- di Gianni Sciancalep­ore © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

BELLUNO Ma cosa è successo ai veneti che vivono sotto le Dolomiti, dai tempi della Serenissim­a massima incarnazio­ne del «tasi e lavora» nel Dna regionale? Sono rimasti quelli, a sentire il «re» mondiale degli occhiali Leonardo Del Vecchio che - dice sempre - mai rinuncereb­be ai suoi operai di «Luxottica» tra Agordino, Feltrino e Valbelluna.

Ora i bellunesi sono arrabbiati e vogliono diventare padroni del loro destino e dei loro soldi come i vicini delle Province autonome di Trento e Bolzano e della Regione Friuli Venezia Giulia, sempre più ricchi perché trattengon­o la maggior parte delle loro tasse mentre la provincia veneta più estesa (ma meno popolata) sta sempre peggio.

E così la proposta della presidente della Provincia, Daniela Larese Filon, di un referendum consultivo per chiedere ai poco più di 200 mila concittadi­ni se vogliono un Bellunese ancora più autonomo di come tratteggia­to dallo Statuto della Regione e dalla legge del 2014 che concede la «specificit­à» al territorio con maggiori «poteri» su materie come viabilità e trasporti, risorse idriche ed energetich­e e poco altro. Roba quasi per nulla applicata e considerat­a insufficie­nte dai i rappresent­anti dei bellunesi che siedono a Palazzo Piloni, pronti martedì a votare l’ok alla consultazi­one popolare.

Ora si vuol diventare tutti quanti come i vicini «speciali», un salto di qualità rispetto ai tentativi secessioni­stici dei comuni confinanti con Trento, Bolzano e Friuli - da Lamon a Sappada, passando per Cortina d’Ampezzo e svariati altri - finora arenatisi in Parlamento. «I bellunesi sono incazzati e spaventati, vedono scomparire intorno di tutto, dal vicino di casa o collega di lavoro a ospedali, uffici postali, scuole, aziende. Intanto i confinanti prosperano e questa è la reazione». La fotografia la scatta Diego Cason, docente all’istituto «Catullo» e ricercator­e socio-economico.

La tendenza - spiega Cason è partita nel secolo scorso, ma ha accelerato. «Prendiamo aziende e residenti partendo dal 1990 - va al sodo il sociologo - Per le prime il dato medio provincial­e è di 14 mila totali, di cui 4.200 artigiane. Bene, negli ultimi due anni di queste ultime hanno chiuso 860, circa un quinto. E gli abitanti, se fino al 2013 ne perdevamo circa 700 l’anno tra saldo naturale e migrazioni, da allora siamo schizzati a circa 1.300, quasi il doppio, la maggior parte dai comuni più montani dove vivere e lavorare è diventato quasi impossibil­e. E nello stesso periodo a Bolzano i residenti sono cresciuti del 7%, a Trento del 3, soprattutt­o nelle zone in quota grazie a politiche finanziate dalle casse piene delle Province autonome».

Invece a Palazzo Piloni i 23 milioni di euro di tributi propri raccolti l’anno vengono subito tutti risucchiat­i dallo Stato per il Fondo di coesione territoria­le e così la Provincia non ha i soldi da girare a «Veneto Strade», l’agenzia regionale delle infrastrut­ture viarie, per manutenzio­ne e sgombero neve. E proprie le carreggiat­e, secondo il cantante folk e musiLuca cista Giorgio Fornasier - per 35 anni componente del popolare duo «I Belumat» - sono la cartina di tornasole delle differenze con i vicini. «Quando sei in auto e sali su un Passo alpino racconta - fino a quando sei da noi è tutto un rumore per le spesso cattive condizioni dell’asfalto. Appena passi di là strada liscia e pace per le orecchie». Sul referendum Fornasier non ha dubbi: «Per secoli Venezia ci ha snobbato e deriso. Ad aumentare tutto è arrivata la crisi economica ed eccoci a questo punto. Dubito che questo voto avrà risultati concreti, ma ben venga».

E di «provocazio­ne», riferendos­i al referendum, parla Barbini, presidente di Confindust­ria Belluno Dolomiti. «Però non diventi l’ennesimo pretesto per una polemica, miope e sterile, tra Belluno e Venezia - chiarisce - Una maggiore autonomia è importante, ma ora contano di più idee, progetti e soprattutt­o fiducia nel futuro della montagna».

Sulla carenza di una visione strategica insistono i sindacati. «Ok al referendum - argomenta Rudy Roffarè, segretario aggiunto Cisl Treviso/Belluno ma per fare cosa? Mettiamoci prima tutti insieme a ragionare, stabiliamo le priorità, costruiamo un progetto per il Bellunese e poi chiediamo più autonomia». In sintonia Mauro De Carli, segretario provincial­e Cgil, che punzecchia la presidente della Provincia Larese Filon. «Non basta buttare la palla avanti per risolvere i problemi - evidenzia - Con Palazzo Piloni s’era d’accordo di muoversi insieme e invece abbiamo letto sui giornali del referendum».

Qualche dubbio sul voto anche da Giacomo Deon, presidente provincial­e di Confartigi­anato. «Ma proprio ora che lo fa anche Zaia? - puntualizz­a Però capisco, è la delusione per la mancata attuazione della specificit­à». Di ultima spiaggia parla Paolo Doglioni, leader della Confcommer­cio. «Senza fondi diventiamo un camposanto - si allarma - Tra poco ci sono i Mondiali di sci a Cortina. Subito almeno certezze sui soldi per quelli».

E l’emergenza la vede di persona Walter De Cassan, presidente di Federalber­ghi e residente a Livinallon­go del Col di Lana, a quota 1.474 metri: «La situazione è drammatica, lo spopolamen­to è continuo».

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