Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Credito cooperativo veneto, rischio Aventino sullo statuto
Iccrea-Trento, federazione al test equilibri in assemblea
VENEZIA Sulla carta quella di lunedì prossimo, nella sede della Federazione veneta delle banche di credito cooperativo appare un’assemblea normale. Nei fatti, ora che è definita la geografia di quelle che hanno scelto il gruppo di Iccrea o di Cassa centrale banca, il vertice di quella che il presidente, Ilario Novella, è solito definire come «la casa di tutte le Bcc» potrebbe diventare molto scivoloso. Le ragioni sono diverse ma la loro origine, oltre le componenti personali che hanno reso negli ultimi mesi incandescenti più rapporti fra i dirigenti delle banche (o anche all’interno), sta in quel pacchetto di questioni da risolvere a scissione avvenuta.
Fra queste la più complicata è la suddivisione delle partecipazioni della Federazione in Neam, società lussemburghese di cui sono azionisti a metà il credito cooperativo trentino e quello Veneto, nei servizi informatici di Cesve e in quelli assicurativi di Assicra. Prima di affrontare l’argomento, però, occorre risolvere lo strabismo di un consiglio con una maggior presenza di esponenti eletti da banche in quota Ccb in una regione in cui la prevalenza oggi è di insegne che hanno scelto Iccrea. L’ordine del giorno del 29 prevede una variazione di Statuto che ammetta al board un esponente per banca, per riprodurre gli equilibri della base.
«Obiettivo che stava sul tavolo da tempo – ricorda Novella – Ora lo riportiamo in agenda per la precisa richiesta di alcune banche». Facile immaginare che un organo così nutrito possa dimostrare presto limiti di pesantezza e che, in seguito, venga perciò designato un comitato esecutivo per gestire con rapidità. Comunque sia, la manovra larga riporterà quantomeno una corretta alchimia nelle stanze della rappresentanza. Il rischio che non tutto proceda secondo lo schema, però, esiste e comincia dalle perplessità di alcuni esponenti del mondo Ccb per il modo con cui l’assemblea è stata convocata (senza seconde convocazioni) e per i dubbi sulla partecipazione dei due terzi dei delegati che ne hanno diritto.
Detta in altro modo, visto il 13 a 11 che, in termini di numeri di istituto per gruppo, fotografa la situazione veneta, se all’appuntamento non dovessero presentarsi abbastanza esponenti di Ccb l’assemblea non si farebbe. O, anche in caso di svolgimento e voto favorevole alla variazione, non è detto che i pro-Trento accetterebbero una loro designazione in un organo rappresentativo in cui, al contrario di oggi, si troverebbero in minoranza. Un ritiro in Aventino, insomma, secondo quanto si ascolta in un ambiente in cui le voci si intrecciano ai mal di pancia, potrebbe non essere una possibilità remota. Il paventarla consente già da sé di mettere gli antagonisti sul chi vive: ogni decisione futura sulla spartizione fra Roma e Trento delle quote delle società strumentali (e anche di quelle «incrociate»: vi sono banche passate ad Iccrea con partecipazioni in Ccb e viceversa) dovrà essere discussa e condivisa nei minimi dettagli. Tutto questo in parterre di falchi e colombe.