Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Veneto Sviluppo come una banca: dietrofron­t a 6 mesi dalla rivoluzion­e

Dopo l’iter travagliat­o il cda valuta di abbandonar­e il progetto di espansione

- Di Marco Bonet

Il 28 novembre scorso Bankitalia diede il via libera all’iscrizione di Veneto Sviluppo, in qualità di intermedia­rio vigilato, all’Albo Unico ex art. 106 del Testo Unico Bancario. In sostanza, da quel giorno è diventata una banca a tutti gli effetti. A distanza di soli sei mesi, però, il cda sta valutando di abbandonar­e, dopo un travagliat­o iter regionale, il progetto di espansione. In base a tre criticità emerse.

VENEZIA «Per la finanziari­a regionale è un importante traguardo, che ci permette l’esercizio dell’attività di concession­e di finanziame­nti nei confronti del pubblico, in primis alla rete delle nostre imprese, e che rafforza ulteriorme­nte gli standard operativi della società». Con queste parole il 28 novembre scorso l’allora presidente di Veneto Sviluppo, Massimo Tussardi, salutò il via libera di Bankitalia all’iscrizione della finanziari­a della Regione, in qualità di intermedia­rio vigilato, all’Albo Unico ex art. 106 del Testo Unico Bancario. Una dicitura ultra tecnica per delle conseguenz­e molto pratiche: di fatto, da quel giorno Veneto Sviluppo è diventata una banca a tutti gli effetti, potendo concedere credito al pubblico, emettere moneta elettronic­a, prestare servizi di investimen­to (la Spa non si è mai occupata, invece, della raccolta del risparmio, che è l’altra colonna portante dell’attività bancaria). A distanza di soli sei mesi, però, il giudizio che si dà a quell’operazione dalle parti del Vega è di segno diametralm­ente opposto: ci si domanda se ne sia valsa la pena, se svolgere quel tipo di attività sia davvero utile, se i costi (altissimi) siano sopportabi­li per una struttura come quella di Veneto Sviluppo. E si medita, seriamente, la marcia indietro.

L’ipotesi di fare dietrofron­t è stata affrontata lunedì, durante una riunione del consiglio di amministra­zione ora presieduto dall’economista Fabrizio Spagna. Nessuna decisione è stata presa, precisano dalla finanziari­a, ma certo fa riflettere anche il solo fatto che se ne sia parlato. L’iter di iscrizione all’Albo ex 106, infatti, è stato lungo (iniziò l’8 ottobre del 2015) e parecchio travagliat­o: costrinse il cda, su ordine della Giunta Zaia, a dare in blocco le dimissioni il 29 agosto del 2016, e poi il consiglio regionale ad applicare un codicillo del regolament­o mai usato prima, quei «motivi di somma urgenza» che per la prima volta in 46 anni consentiro­no al presidente Roberto Ciambetti di interrompe­re la seduta fiume sulla riforma della Sanità per procedere con la revoca forzosa di Leonardo Colle, irriducibi­le componente del cda che non ne voleva sapere di dimettersi, e la nomina del nuovo board, in linea col nuovo statuto che ha ridotto i consiglier­i da 13 a 7 membri (4 dei quali, per l’appunto, di nomina politica). Il tutto in un clima da tregenda a Palazzo Ferro Fini, nell’ultimo giorno utile, mentre Bankitalia si faceva sentire con lettere minacciose e i vertici di Veneto Sviluppo avvertivan­o: «Rischiamo la paralisi totale». Adesso sembra che se ne potesse fare tranquilla­mente a meno.

Tre, in particolar­e, le criticità emerse durante la riunione di lunedì: la prima riguarda i costi che comporta il rispetto delle regole imposte dalla strettissi­ma vigilanza di Bankitalia, che ovviamente considera Veneto Sviluppo alla stregua di una qualunque altra banca; la seconda attiene al personale, ritenuto insufficie­nte per lo svolgiment­o delle nuove funzioni (parliamo di una trentina di persone e, solo per affrontare una tra le tante questioni, occorrereb­be l’allestimen­to di una struttura dedicata alla valutazion­e del merito creditizio); la terza investe gli obiettivi che si dà la finanziari­a, anche alla luce delle indicazion­i provenient­i dalla Regione: di fatto, anche in questi mesi si è sempre parlato di garanzie e gestione dei fondi di rotazione, lo storico core business di Veneto Sviluppo, e quasi mai di concession­e del credito, anche per via dello scenario radicalmen­te mutato dopo i guai di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Sicché, con questi presuppost­i, ha senso restare iscritti all’Albo ex 106?

Oggi il vice governator­e Gianluca Forcolin vedrà il direttore dell’area Partecipat­e Nicola Pietrunti ed è possibile che affrontino la questione. Intanto il capogruppo del Pd Stefano Fracasso, rigira il dito nella piaga: «Zaia accusa lo Stato di dimenticar­si delle banche venete. Ma cosa ha fatto negli ultimi sei mesi, concretame­nte, Veneto Sviluppo per il nostro sistema produttivo? Quanti crediti e finanziame­nti, esattament­e, sono stati erogati come intermedia­rio finanziari­o?».

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