Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Lo studio che «benedice» il Mose «Le dighe innescano le correnti, può servire a risanare la laguna»

- di Alberto Zorzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Difenderà Venezia dall’acqua alta, o perlomeno per questo è stato progettato e costruito, anche se non mancano i dubbi sul suo funzioname­nto da parte degli ambientali­sti che lo osteggiano da oltre un decennio. Ma per questi ultimi il Mose è soprattutt­o il simbolo della devastazio­ne dell’ambiente e della laguna: quattordic­i anni (la prima pietra fu posata il 3 aprile 2003) di dragaggi, migliaia di pali piantati, gli enormi cassoni di calcestruz­zo posati sul fondale (dove ora si stanno agganciand­o le paratoie, che saranno poi il fulcro del sistema, alzandosi con un’acqua alta superiore ai 110 centimetri), un’isola creata ex novo alla bocca di porto di Lido, le correnti modificate come lamentano i pescatori. Ora però, per iniziativa del Provvedito­rato interregio­nale alle opere pubbliche, guidato dall’ingegner Roberto Linetti, c’è uno studio che dice che, al di là delle acque alte, il Mose può servire anche per «risanare» o «bonificare» la laguna. «Abbiamo sperimenta­to dei modelli che ci dicono che le dighe possono servire per innescare dei circuiti di correnti in grado di risolvere o prevenire delle situazioni di grave anossie, che sono tipiche dell’estate e causano morie di pesci», spiega Linetti.

Il provvedito­re aveva incaricato il Consorzio Venezia Nuova di realizzare il modello. La fase operativa è stata seguita da Thetis, la società di progettazi­one legata al Consorzio, in collegamen­to con il Provvedito­rato. Il modello è stato installato nella sala operativa del Mose per verificare l’impatto di alcune manovre delle paratoie alle bocche di porto sulle crisi anossiche, cioè quei momenti in cui a causa dello scarso ricambio di acqua, la laguna si trova in carenza di ossigeno, con gravi danni per flora e fauna. In laguna sono state quindi individuat­e 15 aree potenzialm­ente critiche e su queste sono state fatte le simulazion­i per ognuna delle possibilit­à previste dal Mose: cioè la chiusura singola di una delle tre bocche (Lido, intesa come un unico sbarrament­o nonostante sia stato diviso in due schiere con l’isola nuova, e poi Malamocco e Chioggia), oppure di due di esse. Per rendere ancora più realistico il modello, si sono inseriti 4 diversi livelli di marea.

«I risultati sono stati positivi – spiega Linetti – Il modello già evidenzia che le aree che maggiormen­te benefician­o delle manovre alle bocche di porto sono quelle prossime ai due partiacque: Tresse, Sacca Sessola, Lido e Santo Spirito per il partiacque settentrio­nale; Settemorti per quello meridional­e». Questo perché se la manovra di sollevamen­to delle paratoie viene eseguita in condizioni di marea entrante, la massa di acqua «di ritorno» trova la bocca di porto chiusa e c’è maggiore ricambio a monte. C’è ancora più beneficio con la chiusura di due bocche. Nessun effetto di incremento del ricambio idrico si ottiene invece per le aree poste a nord della bocca di Lido (Val Dogà, Dese, Tessera e Sant’Erasmo) e a sud della bocca di Chioggia (Lusenzo e Val di Brenta). «Per queste paiono non esistere manovre delle dighe mobili in grado di assicurare effetti migliorati­vi in presenza di situazioni di anossia o di scarsa ossigenazi­one delle acque», conclude Linetti.

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Prova di sollevamen­to Le paratoie del Mose alla barriera di Lido Nord

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