Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La tragedia del tifoso: cade nel dirupo
MONTE GRAPPA (VICENZA) Il Veneto è terra di storie epiche che in giornate come quella di ieri regalano emozioni in una cornice d’altri tempi. Il clou dell’edizione numero 100 del Giro d’Italia l’ha regalato la Pordenone-Asiago, frazione da 190 chilometri che ha consacrato il francese Thibaut Pinot sull’Altopiano, trovando sulle rampe del Grappa la sua dimensione sportiva più pura.
Una folla di appassionati in festa, in gran parte all’oscuro della tragedia consumatasi poco distante: la morte di un tifoso padovano che voleva raggiungere Foza con il fratello per assistere al passaggio del corridori. Affrontando il sentiero 800 nella frazione Stoner di Enego, è scivolato precipitando per una sessantina di metri in un dirupo. Le ferite non hanno lasciato scampo al 59enne Loris Squarcina di Selvazzano. L’incidente è avvenuto alle 14.15 quando il fratello, disperato, ha contattato il 118. Il ferito ha urlato a lungo per chiedere aiuto e segnalare la sua posizione ma quando le squadre dei vigili del fuoco e del soccorso alpino lo hanno raggiunto a piedi, non senza difficoltà per la zona impervia, il padovano era già morto. Pochi hanno visto le lacrime dei familiari di Squarcina, coperte dalle urla festanti dei tifosi.
Antipasto della grande salita sul Grappa della carovana rosa, è stato il Muro di Ca’ del Poggio, un dente ormai entrato nel cuore dei tifosi, dove gli appassionati trevigiani hanno visto transitare per primo un uomo di casa: il vicentino Pippo Pozzato che al termine di una brillante carriera ha voluto tributare ai tuoi tifosi l’ultimo omaggio. Poi è stata la grande montagna a inghiottire la carovana rosa, dove ad attenderla c’erano quasi 20mila spettatori appostati già dall’alba.
Sul Grappa la mattina è iniziata presto. Moto e cicloamatori si accalcano sulle sue rampe sin dalle prime luci dell’alba. A valle fa caldo, sopra fa freddo e una nuvola copre l’ossario. «Siamo partiti da Cittadella, saliamo da Semonzo, sosta al rifugio Bassano, tributo ai caduti della Grande Guerra e poi guardiamo i campioni in cima», racconta Sergio, fiero col cappello da alpino e una maglia rosa addosso. Quassù riposano i resti di oltre 22mila soldati italiani e austriaci. Poco più sotto, sul Gran Premio della Montagna le bandiere di diverse nazioni si mischiano. C’è Sayoa, basca tifosa di Landa, che fieramente espone la sua insegna e sorride: «Una cosa incredibile, tanta fatica, ma uno spettacolo unico». Poi ci sono cechi, spagnoli, colombiani, sloveni. C’è anche un costaricense emigrato a Padova, venuto appositamente per Andrey Amador: «È un gregario di Quintana ma io lo seguo sempre quando corre in Italia».
Il comune denominatore è il rispetto per questi luoghi sacri, uniti alla voglia di fare festa. Il contorno tipico di questi eventi è fornito dalle locali sezioni di cicloamatori: birra, griglia, panini, vino a volontà quasi a ogni curva. «Siamo saliti giovedì notte - spiega Filippo di Bassano mentre serve l’ennesima salsiccia - in tutto una ventina di persone, attrezzate con le tendine e i fornelli. Ogni tanto arrivano i rifornimenti...».
C’è un grande tifo per tutti i cicloamatori, tra cui spiccano molte donne, acclamate come i campioni al loro passaggio. Elena arriva in cima sfinita, viene spinta negli ultimi metri e un gruppo di veronesi gli passa una borraccia piena di birra: «È la prima volta che faccio il Grappa, sono sfinita ma ne vale la pena». C’è chi utilizza l’ultima salita per celebrare l’amico che a breve si sposa, in un addio al celibato a quota 1750 metri. «Siamo qui per Gianni, tra un mese farà il “grande passo” e adesso lo lasciamo vestito da donna mentre arrivano i corridori».
Quando transita la carovana, la festa esplode. Passano i big tutti assieme, non c’è tempo per riconoscerli ed è a telecamere spente che si vedono le scene più belle coi corridori ritardatari. Pozzato viene trainato su dai tifosi, il veronese Formolo trova i suoi amici, le frizioni delle macchine grattano e i freni si arroventano, una piccola ungherese riceve la borraccia dall’ultimo corridore e scoppia a piangere per la felicità. Sono i venti minuti attesi tutta una stagione, quelli del Giro d’Italia, quelli del Veneto che rinsalda il suo amore con la storia e le due ruote.
(ha collaborato B. Centin)