Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La salute diseguale
DIVARI SOCIALI E PATOLOGIE UN’INGIUSTIZIA STRATIFICATA
Longeva La kermesse è giunta alla dodicesima edizione. Focus sull’accesso alla sanità
Ospiti Due premi Nobel, i ministri Lorenzin e Padoan, l’ex premier Letta tra i relatori
Diffusa Le piazze di Trento si animeranno con dibattiti, libri, laboratori e caricature
Nell’estesa periferia meridionale di Lima, lungo l’highway che si srotola sulla costa fino a Pisco occhieggiando il maestoso oceano Pacifico, una sequenza ininterrotta di baracche offre riparo a centinaia di migliaia di famiglie. È un’esistenza che affiora di tanto in tanto perché l’emarginazione è istituzionalizzata. Venti anni fa, come oggi, una bambina usciva dal suo alloggio di fortuna, con lamiere addentate le une alle altre, per recarsi a scuola. Vestiva l’uniforme di ordinanza e la mamma, in un sussulto di dignità, serrava il giaciglio mal riparato con un lucchetto. Per poco che sia, è necessario difenderlo. Dalla stazione ferroviaria Hua Lamphong, a Bangkok, la linea orientale s’incammina fino a Aranyaprathet sul confine tra Thailandia e Cambogia. Uscendo dalla capitale la locomotiva sferraglia tra catapecchie da cui sale un odore acre, come di pentole lievemente abbrostite, che spaesa l’olfatto. È una sensazione propria del Sudest asiatico a cui in qualche misura ci si affeziona perché anticipa la scoperta del cibo di strada.
Lima e Bangkok, come tutti i luoghi di contraddizione, sono accomunate dai contrasti crudeli tra benessere e indigenza. Nelle bidonville l’igiene è un concetto non contemplato. La vita si fa precaria, la malattia è una compagna che può bussare in qualsiasi momento. La salute è dunque disuguale perché la gradazione dei contesti sociali la rende tale.
L’ingiustizia sociale e l’inesistente redistribuzione della ricchezza sono uno dei capi da cui si può provare a seguire il filo del tema scelto dalla dodicesima edizione del Festival dell’Economia. Ossia, il riflesso che la sperequazione sociale ha in campo sanitario, nell’accesso alle cure e ai farmaci, nella possibilità di condurre una vita decorosa dove patologie elementari non rappresentino ancora un fattore di rischio. È anche l’aspettativa che si è determinata con l’ampio processo avviato, soprattutto in Occidente, di medicalizzazione dei corpi dove lo Stato ha inteso sempre di più orientare e disciplinare l’andamento demografico e gestire e controllare il corpo umano.
Sfogliando l’ultimo Rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità risulta evidente la disparità tra continenti e Paesi. L’aspettativa di vita, il dato-fotografia di una popolazione, premia Svizzera, Spagna e Italia per quanto riguarda il contesto europeo con attese che oscillano tra 83,4 anni e 82,7. Il Giappone è l’unico a garantire standard ancora più elevati con un’età media di 83,7 anni che per le donne raggiunge addirittura gli 86,8 anni. Rovesciando la classifica e transitando verso la miseria, si giunge in Sierra Leone. Qui gli uomini hanno un’aspettativa di 49,3 anni, mentre le donne non compiono i 51 anni. Situazione non dissimile in Angola (50,9 e 54), Repubblica Centroafricana (50,9 e 54,1) e Ciad (51,7 e 54,5). Significa che tra i Paesi dove si è affermato un certo benessere e quelli caratterizzati da una povertà annichilente esistono oltre trent’anni di differenza da dedicare a sé, ai propri cari, alle proprie passioni. Significa, ancora, che lo scarto tra i sistemi sanitari e l’accesso alle cure è abissale.
La salute è disuguale, quindi, per ragioni economiche, sociali e politiche. Ma lo è anche sul piano tecnologico, un elemento quest’ultimo che ha contribuito nell’era coeva a ingigantire i divari e a tracciare margini ancora più netti tra inclusi ed esclusi. Vi è, infine, un ulteriore livello di disuguaglianza. Lo ha affermato la stessa scienza medica con la sua pretesa di disegnare i perimetri tra normalità e patologia (o deviazione) che sono poi divenuti terreni di applicazione della biopolitica. Nell’aratura dei due campi numerosi soggetti hanno varcato la soglia tra normalità e patologia, sono stati oggetto di uno statuto di malattia (come i «folli» per esempio) che li ha resi disuguali. È un’ingiustizia alla quale raramente si è individuata un cura.