Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Le elezioni americane e francesi indicano nuovi paradigmi»
L’ex premier Letta: «I partiti tradizionali sono in crisi. Trento? Evento di portata globale»
Il Festival dell’Economia: un appuntamento diventato «irrinunciabile e di portata globale». Ospitato da una città che è «una Davos, ma più popolare e democratica». «Con l’altro plus che Trento è molto più bella» della città svizzera che attrae il gotha del capitalismo mondiale. Enrico Letta, ex presidente del consiglio, ora preside della scuola di studi internazionali Sciences Po di Parigi, elogia la manifestazione che lo vedrà ospite venerdì 2 giugno, per la presentazione del suo ultimo libro «Contro venti e maree. Idee sull’Europa e sull’Italia» (Il Mulino). L’incontro avrà inizio alle 17 all’auditorium del dipartimento di Lettere, in via Tommaso Gar.
Nel volume lei analizza tutti i temi critici dell’attualità, che hanno un filo conduttore nel populismo (del quale denuncia l’uso strumentale), nella cattiva politica: ovvero nell’incapacità dei sistemi democratici di risolvere i problemi globali e dare risposte ai cittadini. Qual è il pericolo maggiore che vede all’orizzonte?
«Tutto sta cambiando ad una velocità impressionante. La rivoluzione digitale cambia l’economia, elimina le intermediazioni e terremota la politica. La gente, gli elettori non si fidano più dei politici. Chiedono rappresentanti che non siano parte di un altro mondo rispetto a loro. E allo stesso tempo le forme della partecipazione politica cambiano. I casi ultimi, americano e francese, ci raccontano la sostanziale scomparsa dei grandi partiti. Siamo tutti in cerca di nuovi paradigmi e nuovi percorsi. Cosa non facile soprattutto in un tempo di timori e delusioni come quello che stiamo vivendo».
Le migrazioni sono per alcuni il prodotto della globalizzazione intesa come seconda fase del colonialismo, in cui il neoliberismo distrugge le economie locali e spinge le persone a spostarsi. Però i migranti, dice il sacerdote messicano Alejandro Solalinde, sono i nuovi pionieri, mentre chi vive nel benessere è trincerato nella paura. Lei da presidente del consiglio ha provato a porre un argine agli sbarchi, mobilitando le navi militari per salvare vite umane. Qual è la sua ricetta per intervenire su questo fenomeno?
«Il fenomeno delle migrazioni ci accompagnerà per i prossimi decenni. Non lo si può fermare semplicemente chiudendo le frontiere. Chi lo dice mente. Le nuove tecnologie rendono il mondo più connesso e spingono maggiore mobilità. I migranti erano 77 milioni nel 1975, son diventati 150 milioni nel 2000 e sono calcolati in 250 milioni oggi. Oltretutto l’Africa è il continente che vedrà aumentare di più la propria demografia e l’Europa sarà più piccola e più vecchia. C’è bisogno di un salto di qualità da tutti i punti di vista nell’affrontare il fenomeno, altrimenti non ce la faremo».
La vittoria di Macron in Francia è stata salutata in modo positivo per la speranza di una ripartenza dell’Unione europea. Cosa si aspetta?
«Macron ha dato una speranza all’Europa e alla Francia. Ha fatto un discorso serio senza promesse impossibili. E soprattutto non ha avuto paura di mostrare le sue idee europeiste e la gente ha apprezzato».
L’Italia che sembra ferma nella sua instabilità politica è destinata a rimanere in secondo piano?
«Sono preoccupato per l’Italia. Mentre il resto d’Europa sta trovando compattezza, vedo di nuovo, nella prossima legislatura, una potenziale ingovernabilità se per caso i partiti non volessero, per i loro interessi, cambiare legge elettorale e comportamenti politici».
Veniamo al Festival dell’Economia. Lei conosce bene il Trentino sia per i legami politici che territoriali, avendo promosso per tanti anni VeDrò. Come vede l’evento alla sua dodicesima edizione, ci torna volentieri?
«Il Festival dell’Economia di Trento è diventato ormai un appuntamento irrinunciabile e di portata globale. Sono a Tallinn in questo momento e me ne hanno parlato degli estoni e dei finlandesi. È diventato una Davos, più popolare e democratica. Con l’altro plus che Trento è molto più bella di Davos».