Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Delusione, social e populismi La crisi di credibilità degli esperti»
l’ultimo gradino su cui abbiamo già posato il piede: il disincanto della democrazia, rifletteva il compianto Zygmunt Bauman nel suo volume «Babel». La manifestazione di tale scoramento si traduce nell’aver ritirato la fiducia un tempo riposta nelle mani degli esperti, di chi sa. «L’unica possibilità che è lasciata all’individuo sfortunato che può contare solo sul suo apparato sensoriale primitivo — scriveva ancora il filosofo — è di fidarsi degli esperti». Un tema, quello della delegittimazione dei tecnici, che al tempo della verità opacizzata dal velo del dubbio perpetuo impegna e dovrà impegnare chi, ossia gli esperti, ha una sorta di responsabilità nel condurre i cittadini alla conoscenza. Ne è convinta Nemat Shafik che, al Festival dell’Economia, parlerà esattamente del cortocircuito che ha sfarinato il patto fiduciario tra cittadini e autorità competenti. «Oggi — spiega l’economista — abbiamo accesso a molte più informazioni e i social media hanno innescato un meccanismo in base al quale ci fidiamo molto più della lettura dei nostri amici anziché prestare attenzione alle parole dei tecnici».
Dal 2011 al 2014 vicedirettrice generale del Fondo Monetario Internazionale, fino allo scorso febbraio vicegovernatrice della Bank of England, Shafik dal primo settembre sarà formalmente la prima donna a dirigere la prestigiosa London School of Economics and Political Science. Un ruolo che affronterà nel mezzo delle trattative per definire l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Quali saranno i contraccolpi? «Presto per dirlo — riflette — tutto dipenderà dagli accordi».
Nel suo ultimo discorso nelle vesti di vicegovernatrice della Bank of England, pochi mesi fa, ha lanciato una sorta di agenda per ripristinare quella sorta di patto fiduciario tra cittadini ed esperti. «Rinsaldare questo principio è vitale per orientare il nostro futuro verso la conoscenza e il dibattito informato anziché verso l’ignoranza», ha detto.
Per quale
Manifestanti pro Leave durante campagna referendaria di un anno fa che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue
ragione abbia- mo smarrito la capacità di affidarci alle voci competenti?
«Credo che siano tre le ragioni chiave. La prima è che, di recente, gli esperti ci hanno profondamente delusi, specie a partire dalla crisi del 2008 e nella crisi dell’Eurozona. Al tempo stesso, ed ecco la seconda ragione, oggi abbiamo accesso a molte più informazioni e i social media hanno innescato un meccanismo in base al quale ci fidiamo molto più della lettura dei nostri amici pari-grado anziché prestare attenzione alle parole dei tecnici. Infine: le politiche populiste hanno contribuito a incoraggiare un clima antiesperti».
Fake news, post-verità: a fronte di un’oggettiva difficoltà nell’arginare il propagarsi d’informazioni scorrette e spesso veicolate da chi non ha competenze come si può ricostruire le fondamenta di un rapporto fiduciario?
«Gli esperti devono essere schietti circa l’incertezza che caratterizza il loro operato. Il pubblico ha bisogno di strumenti migliori per distinguere
I negoziati britannici per abbandonare l’Unione europea sono cominciati. A quasi un anno di distanza dal referendum quali sono, leggendo i dati ex post, le ragioni che hanno spinto a tale risposta popolare?
«Le ragioni sono complesse e includono a loro volta altrettanti fattori. Tra questi: la globalizzazione e le trasformazioni tecnologiche, l’immigrazione e il fallimento del nostro sistema per sostenere chi è stato dimenticato mentre l’economia sta evolvendo».
Quali saranno gli effetti della Brexit sull’Unione europea? Chi pagherà il prezzo più alto del «leave»?
«Credo sia ancora troppo presto per rispondere, prima dobbiamo conoscere nel dettaglio i termini degli accordi futuri».
Le spinte euroscettiche crescono. In Italia il Movimento cinque stelle, solo per citare un esempio, argomenta l’urgenza di un referendum per confermare la permanenza nell’euro, ventilando il ritorno alla lira. Lo spazio europeo rischia il collasso?
«Se l’Europa continuerà nel solco delle riforme, sostenendo il cambiamento necessario, credo che la maggioranza dei Paesi continuerà a sostenere il progetto dell’Unione europea».