Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Bellini, la nascita del nuovo linguaggio
La mostra in corso a Palazzo Sarcinelli di Conegliano. I temi e la pittura
Ultimo appuntamento con la mostra Bellini e i belliniani in corso a Palazzo Sarcinelli, (Conegliano, Treviso), fino al 28 giugno con opere di Giovanni Bellini e di suoi allievi e seguaci dall’Accademia dei Concordi di Rovigo (www.mostrabellini.it)
Acinquecent’anni dalla morte, attorno alla figura di Giovanni Bellini permangono ancora dubbi e misteri: a cominciare proprio dalla sua data di nascita e dalla sua posizione all’interno di un albero genealogico che sembrava fino a ieri chiaro e consolidato e che rivela, invece, crepe e incertezze.
Misteriosamente non nominato nel testamento della presunta madre (Anna Rinversi, moglie di Jacopo e madre certa di Gentile, Nicolò e Nicolosia) e reputato per questo come illegittimo Giovanni è stato di recente ipotizzato con pregevoli puntelli archivistici come fratello di Jacopo e zio, quindi, di Gentile. Anche le testimonianze letterarie oscillano paurosamente: da Vasari in poi egli vien fatto nascere in un arco cronologico disteso tra il 1524 e il 1540. Nel 1505 Durer, che lo incontra a Venezia, lo dice «molto vecchio»: espressione ragionevole per un uomo nato nel 1425 ma molto meno per uno che fosse nato nel 1440. Ma se così fosse, molte certezze critiche entrerebbero in crisi, compreso il suo rapporto con Andrea Mantegna che sposa la già citata Nicolosia. Altro dato interessante è quello per cui sarà Gentile a ereditare la bottega paterna, mentre Giovanni ne avvia un’altra di propria, quella che è oggetto della mostra attualmente in corso a Conegliano.
Insomma, e senza voler continuare a elencare problemi aperti, va detto che questo pittore appare sotto ogni profilo con cui lo si voglia ritrarre, un passaggio obbligato per l’arte del primo Rinascimento, per la considerazione e il ruolo giocato dall’artista nella società del suo tempo (non più semplice se pur raffinato artigiano ma intellettuale a pieno titolo e a tutto tondo), per la strepitosa invenzione di una pittura sfumata e «tonale», costruita per passaggi cromatici impercettibili e velature. Per la cura del paesaggio che assurge spesso a protagonista della scena; per la ricchissima componente di pensiero teologico non meno che filosofico di cui è sostanziata ogni rappresentazione, dando vita a uno dei più ricchi exploit culturali del nuovo universo umanistico. Per la sua capacità, infine, di aggiornare il suo linguaggio senza timore di osservare e misurarsi con gli artisti della generazione più giovane, curioso, sperimentatore e geniale fin sulla soglia della morte (sia che egli avesse 90 anni o «solo» 75!).