Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Giocare è come bere e dormire, i bambini ne hanno bisogno Devono avere un’alternativa»
MALO (VICENZA)«Bisogna sdrammatizzare: le regole di convenzione sociale sono da far rispettare ma più di tutto è da far rispettare il bene di ciascun cittadino. E che i bambini giochino è un diritto». È questo il primo commento di Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello Sviluppo all’università degli studi di Padova, che dal caso specifico di Malo trae spunto per lanciare un appello generale sul bisogno di aggregazione delle persone e dei bambini in particolare.
Come quel gruppetto di piccoli multati (tramite i loro genitori) dalla polizia locale del Comune dell’Alto Vicentino per aver portato il pallone in un parco in cui è bandito. «Io mi sarei messa a ridere con mio figlio – ammette la docente –, gli effetti che divieti come questo producono nei bambini dipendono da come questi vengono spiegati. Da una parte vanno presentati come il dover rispettare le regole, dall’altra non bisogna negare il bisogno di giocare. Quindi: il Comune ci sanziona perché lì non si può giocare? Allora ci dica dove è possibile farlo, e in un ambiente protetto».
Per la docente universitaria «il gioco è un bisogno primario» alla stregua di nutrirsi o dormire.
«È talmente evidente il bisogno del gioco: è come dire che abbiamo bisogno di bere acqua», insiste. Così necessario per la formazione e lo sviluppo da dover essere incentivato, più che sanzionato. «Certo – premette Lucangeli – i divieti di pericolo vanno capiti e distinti da quelli che sono invece di tutela dei soldi spesi per un parco. Una multa di questo tipo per aver disturbato è importante, significa che è stato fatto un danno grande. Se il danno è giocare con il pallone in un parco, allora dove si può giocare? In quale contesto protetto il sistema comunale li pone?». In ballo ci sono alcuni obiettivi essenziali del sistema educativo, secondo la professoressa di psicologia dello sviluppo «i bambini hanno bisogno di spazi dove giocare, che siano spazi di libertà e di protezione, e soprattutto in cui l’adulto non sanzioni ma educhi attraverso il gioco». Nell’epoca degli smartphone, delle consolle che propongono mille differenti applicazioni che proiettano i ragazzini in ambienti fantastici pur rimanendo seduti sul divano di casa, gli spazi verdi sono diventati un’alternativa, mentre una volta erano praticamente la sola possibilità di svago e di divertimento.
«I bambini oggi giocano da soli e lo fanno prevalentemente con strumenti televisivi o digitali, in questo modo stanno perdendo il contatto con l’ambiente naturale», avverte Lucangeli. Che lancia un’«accorata richiesta: i paesi prendano in considerazione il bisogno di stare insieme, di giocare e di avere un ambiente in cui il gioco è considerato un momento di crescita, non un momento di disturbo».