Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Il mio Marco non si uccise la procura indaghi per omicidio»
La madre del 17enne morto sotto il treno: «Interrogate i suoi amici»
VILLORBA «L’autopsia non chiarisce i dubbi sulla morte di mio figlio, la procura non deve archiviare l’indagine. Marco è stato massacrato e ucciso, il treno non l’ha neppure toccato». A parlare è Anna Cattarin, mamma del 17enne che il 16 gennaio scorso è morto dopo essere stato investito da un treno a Lancenigo. La donna non si è mai rassegnata all’ipotesi che suo Marco possa essersi tolto la vita e per questo si è affidata agli esperti di Studio 3A: «Voglio sia fatta chiarezza» dice, rivelando anche che «la notizia del presunto investimento sarebbe circolata già mezz’ora prima del passaggio del treno». Dichiarazioni che scaturiscono dalla perizia medico-legale eseguita dal dottor Alberto Furlanetto, che individua come causa più plausibile della morte quella del suicidio senza però escludere l’omicidio: «La lesività riscontrata appare compatibile con più ricostruzioni. La cosa più probabile è che sia stato un tentativo di suicidio mal eseguito, che ha provocato gravissime lesioni». L’unica cosa stabilita con certezza è che un soccorso tempestivo non avrebbe salvato Marco, scagionando di fatto i tre ferrovieri indagati per omissione di soccorso.
Marco aveva sofferto per la morte del padre, uccisosi nello stesso modo pochi mesi prima. «Ma in quel periodo stava bene, aveva una fidanzata e un cane che adorava», spiega mamma Anna, che ha invitato la procura a indagare sulle «brutte compagnie del figlio». La mamma e Studio 3A sottolineano con forza che la perizia anche se alla fine conclude che «la lesività riscontrata e le circostanze del ritrovamento inducono a ritenere più probabile un tentativo di suicidio» non esclude l’omicidio. Marco sarebbe stato picchiato e poi spinto contro il treno, ipotesi che spiegherebbe il perché di un «trauma cranico provocato da una superficie liscia che non ha escoriato il capo, come avrebbe dovuto fare l’acciottolato dei binari». O, terza ipotesi, un violento pestaggio nel quale il treno non avrebbe avuto alcun ruolo. Ma su questo in procura i dubbi sono pochi: «Non abbiamo elementi – spiega il procuratore Michele Dalla Costa - per ritenere che il ragazzo sia stato volontariamente o involontariamente spinto contro il treno».