Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«UNA TRAGEDIA, NON SI AFFOSSI IL DECRETO LEGGE»

- di Alessandra Ortolan

«Quella di Bpvi è una tragedia. Per le aziende e ancor più per le famiglie. La soluzione Intesa? Mi convince, anche se non mi piace. Ma non approvare il decreto sarebbe una catastrofe». E’ netto Luciano Vescovi, presidente di Confindust­ria Vicenza.

VICENZA L’appuntamen­to con Confindust­ria Vicenza è lunedì, in Basilica Palladiana. L’occasione è l’assemblea dal titolo «Sottosopra. Il mondo alla prova di nuovi equilibri» per cercare di individuar­e le chiavi di lettura per orientarsi in un quadro internazio­nale sempre più incerto.

Presidente Luciano Vescovi, probabilme­nte di questo mondo sottosopra Vicenza è la capitale nei giorni di un fallimento bancario, tra Bpvi e Veneto Banca, senza precedenti.

« Il titolo prende atto dello scenario internazio­nale che cambia ogni sei mesi. Ma tornando a Bpvi, è una tragedia collettiva di dimensioni mai viste in provincia. Più per le famiglie che per le aziende che hanno scontato nei bilanci 2015 e soprattutt­o 2016 perdite rilevanti per la svalutazio­ne delle azioni ma che ora, grazie anche ai mercati favorevoli, sono preparate ad affrontare il futuro. A preoccupar­mi sono le famiglie, che in alcun casi hanno perso tutto».

La soluzione con Intesa la convince?

«Mi convince, anche se non mi piace. Si poteva fare meglio? Forse. Ma anche peggio. Anzi, si può fare peggio. E se qualche dissennato politico affosserà il decreto e la soluzione trovata provocherà una catastrofe assoluta».

Ma non si parla di qualche forma di risarcimen­to per i patrimoni dei vecchi soci.

«Ho incontrato vertici di Banca Intesa la settimana scorsa. Ho detto loro che la vera ricchezza delle due banche fallite è il contesto territoria­le nel quale si trovano. Se Intesa intende dare valore a questa avventura nella quale si è avviata e portare a casa il massimo dei risultato deve trovare modo di dare ristoro alle famiglie e le imprese. Se non lo fa avrà perso un’occasione, se lo farà avrà fatto un’opera di marketing stratosfer­ica».

Altra questione è la band bank.

«La vicenda del Banco di Napoli è illuminant­e. Se si darà tempo, la capacità di recupero ci sarà. E quel ritorno deve andare ai vecchi soci della banca. Quei soldi sono della gente che ce li ha messi. È un fatto di equità».

E sull’aspetto dei a 4 miliardi di crediti in bonis ma a rischio e che Intesa non vuole?

«Credo che Intesa avrà un approccio attento e mirato al territorio. Ma le banche non sono il tema dell’assemblea, parliamo di Confindust­ria e di aziende verso le quali io sono ottimista».

L’ottimismo da cosa deriva?

«Dai numeri. Le imprese vicentine hanno ripreso a correre con vigore dal 2016 e lo slancio del 2017 sembra ancora maggiore. Trainate dal contesto internazio­nale e da un mercato mondiale che va bene, le imprese si sono trasformat­e e hanno saputo cogliere le opportunit­à dei mercati esteri. Vicenza dal punto di vista generale è la terza provincia italiana per export».

Quanto pesa il cambiament­o sostanzial­e dell’assetto produttivo, con gli insediamen­ti o le acquisizio­ni di aziende dall’estero?

«Le nostre aziende sono estremamen­te attraenti anche per gruppi finanziari e mondiali, che sono gonfi di soldi e cercano di impiegarli in maniera efficace con ritorni importanti. Molte aziende nostre diventano attraenti. Il problema dove sta? L’imprendito­re vicentino o veneto in generale è affezionat­o più all’azienda che ai soldi; ma ancora una volta il contesto italiano dimostra di non amare molto l’azienda, considerat­a spesso come un fastidio che come generatric­e di opportunit­à e valore, più come un bancomat da spremere. L’atteggiame­nto dello Stato verso le aziende porta gli imprendito­ri a perdere passione e a vendere le aziende. Questo ci preoccupa. Normale ci siano proposte di acquisto; ma il nostro obiettivo dei prossimo anni è rimotivare gli imprendito­ri. Soprattutt­o quelli giovani, che sono meno di un tempo. Bisogna tornare alla voglia di fare impresa che c’era tra gli anni Sessanta e Ottanta».

Avete appoggiato l’elezione di Matteo Zoppas. Ma sei mesi dopo Confindust­ria Veneto sembra scomparsa.

«Nel nostro sistema, il livello regionale è sempre stato difficile perché i soci sono i sei presidenti delle territoria­li e non, come nel mio caso le duemila aziende associate. Si vive di finanza riflessa, hai come interlocut­ori presidenti più forti di te presidente regionale. Zoppas ce la sta mettendo tutta. Ha già risolto brillantem­ente i problemi del Campiello».

Col senno di poi si è pentito di aver rinunciato ai servizi in comune con Treviso e Padova?

«Bisogna guardare sempre al proprio territorio. Le aziende associate mi chiedono vicinanza e di affrontare la proiezione verso l’Europa. A settembre apriremo un ufficio a Bruxelles in modo da avere la persona che risponde in diretta alle aziende sulle istanze relative alle Europa che rimane centrale come sistema».

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