Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Per vendicarsi disdice le visite dell’ex suocero

- Di Milvana Citter

Chi dice che la ruggine cè solo fra nuora e suocera? A smentire il detto un operatore del Cup di Treviso, che dopo essere stato lasciato dalla moglie ha disdettato puntualmen­te le visite dell’ex suocero. Ora è a processo.

TREVISO Arrivare in ospedale, con i referti degli esami diagnostic­i pronti e quel po’ di preoccupaz­ione che c’è sempre prima di ogni visita, e scoprire che quell’accertamen­to, regolarmen­te prenotato, è stato disdetto. Inspiegabi­lmente. E passi una volta. E passi la seconda. Ma la terza è troppo per pensare a un semplice disguido. Anche perché, chiamando il Centro unico di prenotazio­ne la risposta è sempre la stessa: «Siamo spiacenti, ma la prestazion­e risulta disdetta da lei, signore». E a quel punto il sospetto che ci sia qualcosa di poco chiaro verrebbe a chiunque. Ed è, infatti, venuto a un pensionato di San Donà, che quando ha capito che appena prenotava una visita c’era qualcuno che gliela annullava, ha sospettato di una persona in particolar­e. L’ex genero.

Il motivo? Non solo il fatto che l’uomo e la figlia si fossero lasciati in malo modo e che, anche con lui, i rapporti fossero decisament­e tesi. Ma soprattutt­o il lavoro del 40enne: operatore del Cup in servizio al Ca’ Foncello di Treviso. Si sarebbe consumata così la vendetta dell’ex genero nei confronti della sua ex famiglia. O almeno è quello che crede il pensionato, che ha denunciato il 40enne. E i sospetti avrebbero trovato conferma, tanto che l’uomo è finito a processo per sostituzio­ne di persona. In pratica si sarebbe finto il suocero per disdire visite ed esami. Riuscendo così a fare dispetti, e creare disagi, a qualcuno con il quale aveva evidenteme­nte più di qualche conto in sospeso. Pensando probabilme­nte di farla franca. Ed è quello che secondo l’accusa avrebbe fatto G.C., 40enne di San Donà, operatore del Cup a Treviso. Avrebbe cioè approfitta­to dell’accesso ai dati dalla propria postazione, per controllar­e se l’ex suocero prenotava visite ed esami e per annullarli. Per tre volte, il 25 e il 28 febbraio e il 14 marzo 2013, per tre prestazion­i a Motta di Livenza.

A incastrarl­o non solo i sospetti dell’anziano ma anche una collega che, dopo una di quelle telefonate di disdetta, si sarebbe confrontat­a con il proprio capo, asserendo di aver riconosciu­to la voce dell’operatore, per un lungo periodo in servizio con lei al Cup di Oderzo. E di non spiegarsi come mai, potendo agire direttamen­te dalla propria postazione, non l’avesse disdetta direttamen­te. Ma perché l’avrebbe fatto? Secondo la parte offesa, che si è costituita parte civile nel processo, perché dopo la fine della relazione con la moglie, dalla quale era nato un figlio, i rapporti con l’uomo si erano completame­nte guastati. E annullargl­i le visite era un modo per fargli un dispetto. E rovinargli la giornata.

Accuse che il 40enne, difeso dagli avvocati Roberta Spinacè e Pierantoni­o Menapace , respinge con forza: «Non sono stato io. Non c’è prova che abbia fatto io quelle telefonate». E su questo gli danno ragione i tabulati telefonici recuperati dalla polizia, che ha condotto l’indagine, risultano solo chiamate da utente anonimo. Ma non l’operatrice Cup e il suo capo, che ieri hanno ribadito in aula: «C’era lui al telefono».

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