Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Padova prosciuga i canali e riscopre il teatro romano Centinaia in coda per le visite
Bimillenario di Tito Livio, archeologia per tutti in Prato della Valle
PADOVA Dove oggi c’è una delle piazze più grandi d’Europa, duemila anni fa c’era uno dei teatri più grandi dell’impero. E quel che ne rimane sta affiorando lentamente a galla. Ci vuole ancora un po’ di pazienza per ammirare le rovine di Zairo, il teatro padovano di epoca romana nascosto sotto l’acqua intorno a Prato della Valle: le visite guidate (gratuite) sono iniziate ieri e hanno richiamato subito centinaia di visitatori ma il prosciugamento della canaletta a est del Prato non è ancora terminato e per ora spunta solo il basamento delle gradinate inferiori.I lavori procedono a rilento perché l’acqua continua a infilarsi sotto le dighe e gli operai del Comune hanno trovato più fango del previsto. Nulla che proibisca di volare con la fantasia alla Patavium del primo secolo dopo Cristo, quando l’isola ellittica costruita nel 1775 dal provveditore veneziano Andrea Memmo era ancora di là da venire e sul Prato ante litteram sorgeva un teatro a semicerchio da 15 metri di altezza e cento di diametro: ieri come oggi, i governanti avevano deciso di costruire un complesso per migliaia di persone fuori dal centro abitato, in un’area periferica vicina al cimitero dove confluivano le arterie stradali per Adria e per la Bassa padovana. Il Theatrum romano, realizzato in trachite dei Colli Euganei e rinominato Zairo nel Medioevo, torna d’attualità con i festeggiamenti per il bimillenario della morte di Tito Livio: a distanza di 32 anni dall’ultimo scavo infatti l’Università di Padova, la Soprintendenza e i Musei civici hanno deciso di portare in superficie i resti del monumento per omaggiare lo storico romano nato e morto a Patavium, con visite ogni sabato alle 10 e alle 11.
Ieri, nonostante il caldo, si sono presentati 400 visitatori in trepidante attesa. Il punto di ritrovo è davanti al ristorante Zairo: dopo aver attraversato la strada e le bancarelle del mercato sull’anello esterno del Prato, si accede all’Isola Memmia, A lato il teatro Zairo di Prato della Valle, come si presentava nell’ultima ricognizione, trentadue anni fa. Sotto la proiezione 3D del teatro (foto Dipartimento dei Beni Culturali e IKON Gorizia) Marzotto, riferendosi a Vittorio Emanuele - . Stiamo investendo non solo su terreni e cantine ma anche sul personale, qui più che raddoppiato da 165 a 380 persone e nel gruppo da 1700 a 2700 persone. Negli ultimi anni abbiamo investito a Conegliano, Valdobbiadene, Refrontolo, in Toscana, Sicilia, Alto Adige e non ci fermeremo qui».
Questo investimento di 15 milioni di euro lo conferma. Ponendo le spalle all’ingresso della «cittadella del vino», sul lato destro svetta la cantina inaugurata nel 2011, mentre a sinistra spicca la forma geometrica del Centro Aziendale nato dalle fondamenta dell’ex linificio. Il travaso del vino da un edificio all’altro, ossia dalle vasche di fermentazione alle autoclavi, viene effettuato con un «anello di collegamento» sotterraneo lungo 250 metri.
L’imbottigliamento è il cuore del Centro Vittorio Emanuele, dislocato su 2.600 metri quadrati, concepito per incrementare la produttività e allo stesso tempo per essere flessibile.
Una linea unica serve vini fermi e spumanti con una capacità produttiva di 16 mila bottiglie l’ora di vino fermo e di 10 mila bottiglie l’ora di vino spumante, rispetto all’attuale capacità di produzione di 11 mila bottiglie di vini fermi e di 3 mila bottiglie per gli spumanti. A breve qui verrà imbottigliato l’85% dell’intera produzione aziendale.
All’interno dello stesso edificio è presente anche una cantina di stoccaggio da 16 mila ettolitri pari a 2,1 milioni di bottiglie: 9.000 ettolitri di autoclavi e 7.000 di serbatoi. «Se il Veneto è la prima regione vinicola d’Italia con 52 denominazioni – ha sintetizzato il presidente Zaia - è anche grazie a voi».