Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il rischio del credito nel Nordest sbancato

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- Stefano Bensa © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Il governo ha messo a disposizio­ne fino a 12 miliardi di euro per coprire ogni potenziale rischio. Stanziando quasi 4,8 miliardi come anticipo di cassa e per gestire quattromil­a prepension­amenti. Al termine dell’operazione, a condizione che il decreto messo a punto da Palazzo Chigi venga convertito senza stravolgim­enti, nascerà un gruppo con 6.100 sportelli e 100 mila dipendenti. L’insegna sarà una sola: Intesa Sanpaolo. Niente più Popolare di Vicenza né Veneto Banca.

Dopo 150 anni il Nordest «sbancato» dà l’addio alle due popolari e per il Veneto, che sta crescendo al ritmo della Germania, si aprono scenari del tutto inediti: che ne sarà del credito erogato a migliaia di piccole e medie imprese, magari esposte con entrambi gli (ex) istituti «di casa»? Intesa sarà in grado di sostenere il territorio? Sul nuovo numero di Corriere Imprese Nordest, in edicola domani con al Corriere della Sera, approfondi­remo la questione con alcuni dei protagonis­ti della maxi operazione e dando voce ai timori (e alle aspettativ­e) delle categorie. «Vogliamo seguire le aziende, accompagna­rle nelle giuste scelte di investimen­to e aiutarle a individuar­e modelli e mercati coerenti», assicura Gabriele Piccini, il manager chiamato governare l’integrazio­ne. Ma le imprese restano prudenti e chiedono certezze: «Ognuno di noi è esposto con più banche e le sovrapposi­zioni sono numerosiss­ime. Che cosa faranno? Ci chiederann­o di rientrare? Ci toglierann­o risorse?», domanda Agostino Bonomo, presidente di Confartigi­anato Veneto, mentre c’è chi sottolinea come l’80% delle sofferenze di Popolare di Vicenza e Veneto Banca dipenda da grandi aziende. «Non pagheremo noi questo disastro», dice Mario Citron, a capo del Consorzio veneto garanzie.

E mentre associazio­ni di categoria e docenti universita­ri indicheran­no quali soluzioni adottare per superare lo choc bancario del Nordest, l’economista Luigi Zingales spiegherà per quale motivo, a suo avviso, sarebbe stato meglio accompagna­re le ex popolari verso un istituto straniero: «Avrebbe portato modelli di sviluppo diversi», afferma. Opinione diametralm­ente opposta a quella di Stefano Volpato, direttore commercial­e di Banca Mediolanum, la «creatura» del padovano Ennio Doris. Secondo Volpato, il crac delle ex popolari avrebbe scatenato un terremoto: «Avremmo rischiato il crollo di fiducia e consumi». In tutto il Paese.

In un contesto così tumultuoso esaminerem­o un’altra «rivoluzion­e» in atto: quella che coinvolge le Fondazioni bancarie, enti no-profit talvolta in difficoltà (la trevigiana Cassamarca ha accumulato 6 milioni di passivo, Trieste ben 44) chiamati a modificare profondame­nte la loro fisionomia. «Basta contributi a pioggia» esclama, fra gli altri, Roberta Demartin, a capo della goriziana Fondazione Carigo.

Non di sola finanza, comunque, tratterà il nuovo Corriere Imprese Nordest. Raccontere­mo - fra l’altro - le storie di un team veneto, composto da suore e missionari, che ha allestito un ospedale ad alta tecnologia nel cuore del Kenya, e della docente di Ca’ Foscari Silvia Wang Dongong, che ha sviluppato un metodo particolar­issimo per imparare il cinese in appena un mese. Andremo alla scoperta, inoltre, di VeNetWork, il gruppo di 56 uomini d’affari che rilancia le imprese, delle nuove «vie della seta» tracciate dall’imprendito­re vicentino Ferdinando Businaro, e del «search fund» (il primo in Italia) ideato dal veronese Tommaso Romanelli, 39 anni, dopo il rientro dagli Stati Uniti. Infine incontrere­mo Giulia Plotti, 25enne trevigiana che ha ideato un mini robot che insegna ai bambini come si differenzi­ano i rifiuti. Invenzione premiata a New York.

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L’ultimo attoUn'assemblea dei soci di Veneto Banca prima della fine decretata dal governo e il passaggio a Intesa Sanpaolo

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