Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I carrozzoni duri a morire e l’ultimo arrivato

Le partecipat­e tagliate resistono alle delibere. E ne nascono di nuove

- SEGUE DALLA PRIMA Marco Bonet © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Sempliceme­nte, Veneto Welfare non verrà finanziata e addio». Guadagnini se la sarà segnata, certo a questo punto ne esce meglio l’assessore al Lavoro Elena Donazzan, che dopo aver votato sì ha perlomeno tentato una difesa d’ufficio: «È un cambio di paradigma, una rivoluzion­e. Una legge manifesto che è la declinazio­ne del principio di sussidiari­età». Passi. Ma davvero il Veneto ha bisogno di «leggi manifesto»? Davvero c’era bisogno di un nuovo carrozzone, per quanto parcheggia­to, per cancellare il quale come minimo si dovrà tornare in aula un’altra mezza giornata e approvare una legge uguale e contraria? Con tutto quel che ci sarebbe da votare (seriamente, con convinzion­e) per il bene del Veneto? Con tutto quel che ci sarebbe da fare proprio sul fronte della razionaliz­zazione degli enti e delle partecipat­e?

Il piano risale al 2010 ma volendosi limitare a questa legislatur­a va registrato perlomeno un annuncio all’anno: prima il governator­e Luca Zaia (7 aprile 2015), poi il segretario della Programmaz­ione Ilaria Bramezza (12 settembre 2016), quindi il vicepresid­ente con delega al Bilancio Gianluca Forcolin (22 marzo 2017). Parola d’ordine: tagliare. Obiettivo indicato: risparmiar­e. Ma tra il tagliare e il risparmiar­e ci sono di mezzo il codice civile, la burocrazia, Dio non voglia altri soci, dipendenti, fornitori, crediti e debiti di ogni tipo. Non basta uno schiocco di dita, neppure se le dita sono quelle del governator­e. Lo sanno bene a Veneto Promozione, la società nata nel 2011 (non cent’anni fa) per la promozione e l’internazio­nalizzazio­ne delle imprese. La si vorrebbe chiudere da più di un anno ma, complici i dissidi interni dell’altro socio (le Camere di commercio), non ci si riesce. Nel mezzo, ci sono 20 dipendenti. Il Centro di protezione civile di Longarone è in liquidazio­ne coatta: il commissari­o ha fatto sapere che i soldi in cassa (669 mila euro) non basteranno a pagare i creditori (768 mila euro), tra cui ci sono tre dipendenti senza stipendio da settembre e perfino gli scout, in paziente attesa di 20 mila euro. Veneto Nanotech, su cui sono stati investiti circa 40 milioni in 12 anni, è in concordato preventivo: sono stati ceduti i laboratori mentre i dipendenti, una cinquantin­a, via via se ne sono andati. Dopo la chiusura di Veneto Agricoltur­a, ancora in liquidazio­ne a causa di alcune pendenze, è stata aperta l’Agenzia veneta per l’innovazion­e nel settore primario, che fa esattament­e le stesse cose (ci sono voluti tre diversi atti notarili per trasferire tutto da una scatola all’altra), anche se certo con un presidente in meno (è rimasto solo il direttore). Finalmente è stata chiusa la Scuola Regionale Veneta per la Sicurezza e la Polizia Locale, nata nel 2006, operativa fino al 2010, liquidata nel 2013. L’Istituto per le Ville Venete è commissari­ato. Le Ater sono commissari­ate. Gli Enti per il diritto allo studio universita­rio (Esu) sono commissari­ati. Il Parco del Delta del Po è commissari­ato, come quello dei Colli Euganei e quello della Lessinia. Il tutto in attesa delle più volte annunciate «riforme complessiv­e», mai approdate in aula. Non risulta si sia mai completata la fusione tra Edilizia Canalgrand­e e Immobiliar­e Marco Polo, le «real estate» della Regione. Non ha avuto seguito, per ora, l’incorporaz­ione di Veneto Strade in Cav studiata dall’assessore alle Infrastrut­ture Elisa De Berti. La newco autostrada­le con Autovie e Anas è impantanat­a (va detto, non per colpa della Regione Veneto che è socio largamente minoritari­o). Anche Veneto Sviluppo sta cambiando pelle ma per ora è stata ufficializ­zata solo l’acquisizio­ne di Friulia Sgr. Ebbene, in questo quadro già di per sé ingarbugli­ato, davvero si sentiva il bisogno di buttare nel mucchio pure l’indispensa­bile «Veneto Welfare»?

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