Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I carrozzoni duri a morire e l’ultimo arrivato
Le partecipate tagliate resistono alle delibere. E ne nascono di nuove
«Semplicemente, Veneto Welfare non verrà finanziata e addio». Guadagnini se la sarà segnata, certo a questo punto ne esce meglio l’assessore al Lavoro Elena Donazzan, che dopo aver votato sì ha perlomeno tentato una difesa d’ufficio: «È un cambio di paradigma, una rivoluzione. Una legge manifesto che è la declinazione del principio di sussidiarietà». Passi. Ma davvero il Veneto ha bisogno di «leggi manifesto»? Davvero c’era bisogno di un nuovo carrozzone, per quanto parcheggiato, per cancellare il quale come minimo si dovrà tornare in aula un’altra mezza giornata e approvare una legge uguale e contraria? Con tutto quel che ci sarebbe da votare (seriamente, con convinzione) per il bene del Veneto? Con tutto quel che ci sarebbe da fare proprio sul fronte della razionalizzazione degli enti e delle partecipate?
Il piano risale al 2010 ma volendosi limitare a questa legislatura va registrato perlomeno un annuncio all’anno: prima il governatore Luca Zaia (7 aprile 2015), poi il segretario della Programmazione Ilaria Bramezza (12 settembre 2016), quindi il vicepresidente con delega al Bilancio Gianluca Forcolin (22 marzo 2017). Parola d’ordine: tagliare. Obiettivo indicato: risparmiare. Ma tra il tagliare e il risparmiare ci sono di mezzo il codice civile, la burocrazia, Dio non voglia altri soci, dipendenti, fornitori, crediti e debiti di ogni tipo. Non basta uno schiocco di dita, neppure se le dita sono quelle del governatore. Lo sanno bene a Veneto Promozione, la società nata nel 2011 (non cent’anni fa) per la promozione e l’internazionalizzazione delle imprese. La si vorrebbe chiudere da più di un anno ma, complici i dissidi interni dell’altro socio (le Camere di commercio), non ci si riesce. Nel mezzo, ci sono 20 dipendenti. Il Centro di protezione civile di Longarone è in liquidazione coatta: il commissario ha fatto sapere che i soldi in cassa (669 mila euro) non basteranno a pagare i creditori (768 mila euro), tra cui ci sono tre dipendenti senza stipendio da settembre e perfino gli scout, in paziente attesa di 20 mila euro. Veneto Nanotech, su cui sono stati investiti circa 40 milioni in 12 anni, è in concordato preventivo: sono stati ceduti i laboratori mentre i dipendenti, una cinquantina, via via se ne sono andati. Dopo la chiusura di Veneto Agricoltura, ancora in liquidazione a causa di alcune pendenze, è stata aperta l’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario, che fa esattamente le stesse cose (ci sono voluti tre diversi atti notarili per trasferire tutto da una scatola all’altra), anche se certo con un presidente in meno (è rimasto solo il direttore). Finalmente è stata chiusa la Scuola Regionale Veneta per la Sicurezza e la Polizia Locale, nata nel 2006, operativa fino al 2010, liquidata nel 2013. L’Istituto per le Ville Venete è commissariato. Le Ater sono commissariate. Gli Enti per il diritto allo studio universitario (Esu) sono commissariati. Il Parco del Delta del Po è commissariato, come quello dei Colli Euganei e quello della Lessinia. Il tutto in attesa delle più volte annunciate «riforme complessive», mai approdate in aula. Non risulta si sia mai completata la fusione tra Edilizia Canalgrande e Immobiliare Marco Polo, le «real estate» della Regione. Non ha avuto seguito, per ora, l’incorporazione di Veneto Strade in Cav studiata dall’assessore alle Infrastrutture Elisa De Berti. La newco autostradale con Autovie e Anas è impantanata (va detto, non per colpa della Regione Veneto che è socio largamente minoritario). Anche Veneto Sviluppo sta cambiando pelle ma per ora è stata ufficializzata solo l’acquisizione di Friulia Sgr. Ebbene, in questo quadro già di per sé ingarbugliato, davvero si sentiva il bisogno di buttare nel mucchio pure l’indispensabile «Veneto Welfare»?