Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ostruzionismo sul decreto ma il governo incassa la fiducia
Ottanta ordini del giorno del M5s potrebbero tenere inchiodata la Camera fino a domenica Accuse a Zaia, ai banchieri padani e alle condizioni capestro di Intesa. L’appello del ministro
VENEZIA Passa la fiducia, non il decreto «Salva banche», almeno per ora. In una giornata caratterizzata dal pervicace ostruzionismo del Movimento Cinque Stelle, con attacchi lanciati un po’ in ogni direzione, dal Pd al governatore Luca Zaia, la Camera dei deputati ha approvato ieri con 318 voti favorevoli, 178 contrari e un astenuto la questione di fiducia posta dal governo sull’articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto che dispone la liquidazione coatta di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
L’esecutivo Gentiloni, dunque, è salvo, sfuggito alle bordate, oltre che degli alfieri di Beppe Grillo (che dal Blog ha parlato di «scelta fascista»), della Lega Nord, di Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma anche di Scelta Civica e Sinistra Italiana (Mdp, invece, nonostante i maldipancia alla fine ha dato man forte al Pd). Ma attenzione: se il via libera di Montecitorio al decreto appare ora probabile ed anzi viene dato per scontato dai più, questo non significa sia automatico, perché trattandosi di due votazioni distinte potrebbe darsi il caso di un voto favorevole alla fiducia ma contrario alla conversione, come in effetti hanno fatto sapere di voler fare i deputati di Scelta Civica e Mdp. Che senso avrebbe avuto allora aver apposto la fiducia? Di fatto si sarebbe trattato esclusivamente di un escamotage per fare arrivare in aula velocemente, e senza il peso degli emendamenti, il decreto varato da Palazzo Chigi il 25 giugno. Come aveva chiesto l’amministratore delegato di Intesa-San Paolo Carlo Messina: «Ci prendiamo carico della situazione a patto che il decreto non venga stravolto».
Quando si voterà dunque sulla legge di conversione? Questo dipende da quanto il Movimento Cinque Stelle vorrà far durare l’ostruzionismo: sono stati presentati 142 ordini del giorno e tutti gli 83 firmati dai pentastellati saranno illustrati all’aula. Poi toccherà alle dichiarazioni di voto. E solo allora si potrà procedere con la votazione. Un deputato della Lega allarga le braccia: «Se volessero, potrebbero tenerci qui fino a domenica». E il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta, ieri alla Camera in rappresentanza del governo, sbotta: «È proprio a causa dell’ostruzionismo del Movimento Cinque Stelle, che in commissione aveva presentato 600 emendamenti, che ci siamo visti costretti ad apporre la fiducia, rinunciando anche al buon emendamento scritto dal relatore di maggioranza Giovanni Sanga. Abbiamo l’esigenza, direi l’urgenza, di stabilizzare quanto prima l’economia veneta, tutelando i risparmiatori e gli affidati, evitando traumi sociali con i licenziamenti, mantenendo la continuità aziendale. Prima viene convertito il decreto e prima si dà stabilità all’economia del Veneto». Quanto al fatto che il decreto condanni a fine certa - perdere tutto - gli azionisti, compresi quelli che hanno già avuto sentenze favorevoli e quelli che hanno giudizi in corso, Baretta premette che «il 70% degli azionisti ha aderito alla proposta di transazione» e che «comunque non si può tutelare un investitore dal rischio per legge». In ogni caso, «si tenterà di trovare una soluzione, magari verificando la disponibilità degli istituti di credito a rifinanziare il fondo per le situazioni disagiate».
I buoni propositi non hanno comunque fermato il fuoco di fila dei Cinque Stelle capitanati da Alessandro Di Battista («Il capitalismo finanziario è il vo-
Pier Paolo Baretta Abbiamo l’esigenza, direi l’urgenza, di stabilizzare quanto prima l’economia veneta, tutelando i risparmiatori e gli affidati, evitando traumi sociali con licenziamenti e mantenendo la continuità aziendale Filippo Busin Lo scempio delle popolari deriva dai ritardi, gravissimi, con cui la vigilanza prima e il governo poi hanno affrontato la questione. Il risultato è un decreto scritto sotto il ricatto di Intesa
stro padrone!») e Carlo Sibilia, che se l’è presa con Zaia: «Andava a braccetto con Consoli di Veneto Banca». Col governatore se l’è presa anche Bruno Tabacci di Centro Democratico che ha ironizzato sul «ritorno dei banchieri padani» e si è detto stupito dal fatto che «ci sia ancora chi soffia su una presunta superiorità». Attacchi a cui replica il leghista Filippo Busin: «Lo scempio delle popolari deriva dai ritardi, gravissimi, con cui la vigilanza prima e il governo poi hanno affrontato la questione. Il risultato è un decreto scritto sotto il ricatto di Intesa, che si è premurata perfino di mettere al riparo i dividendi dei suoi soci, con un maggior esborso per i contribuenti e il massacro degli azionisti che hanno perso tutto e ora perdono anche la possibilità di fare causa». E mentre il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan rassicura una volta di più: «Il sistema bancario è a una svolta e può diventare componente fondamentale per l’accelerazione della crescita», Enrico Zanetti, che fu il suo vice, contesta: «Sulle banche venete è stato fatto il peggio, non il meglio: tre mesi di incomprensibile immobilismo, poi una incommentabile offerta pubblica lampo, quindi pazzesche condizioni a favore di un privato che soltanto la forca caudina della dichiarazione di pre-dissesto, “sapientemente” attesa, ha consentito di definire inevitabili invece che scandalose. E intanto la commissione d’inchiesta non parte».
Va ricordato che il decreto, che scade il 24 agosto, dovrà poi passare all’esame del Senato, dove la maggioranza ha numeri decisamente più risicati che alla Camera.