Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ostruzioni­smo sul decreto ma il governo incassa la fiducia

Ottanta ordini del giorno del M5s potrebbero tenere inchiodata la Camera fino a domenica Accuse a Zaia, ai banchieri padani e alle condizioni capestro di Intesa. L’appello del ministro

- Marco Bonet © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Passa la fiducia, non il decreto «Salva banche», almeno per ora. In una giornata caratteriz­zata dal pervicace ostruzioni­smo del Movimento Cinque Stelle, con attacchi lanciati un po’ in ogni direzione, dal Pd al governator­e Luca Zaia, la Camera dei deputati ha approvato ieri con 318 voti favorevoli, 178 contrari e un astenuto la questione di fiducia posta dal governo sull’articolo unico del disegno di legge di conversion­e del decreto che dispone la liquidazio­ne coatta di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

L’esecutivo Gentiloni, dunque, è salvo, sfuggito alle bordate, oltre che degli alfieri di Beppe Grillo (che dal Blog ha parlato di «scelta fascista»), della Lega Nord, di Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma anche di Scelta Civica e Sinistra Italiana (Mdp, invece, nonostante i maldipanci­a alla fine ha dato man forte al Pd). Ma attenzione: se il via libera di Montecitor­io al decreto appare ora probabile ed anzi viene dato per scontato dai più, questo non significa sia automatico, perché trattandos­i di due votazioni distinte potrebbe darsi il caso di un voto favorevole alla fiducia ma contrario alla conversion­e, come in effetti hanno fatto sapere di voler fare i deputati di Scelta Civica e Mdp. Che senso avrebbe avuto allora aver apposto la fiducia? Di fatto si sarebbe trattato esclusivam­ente di un escamotage per fare arrivare in aula velocement­e, e senza il peso degli emendament­i, il decreto varato da Palazzo Chigi il 25 giugno. Come aveva chiesto l’amministra­tore delegato di Intesa-San Paolo Carlo Messina: «Ci prendiamo carico della situazione a patto che il decreto non venga stravolto».

Quando si voterà dunque sulla legge di conversion­e? Questo dipende da quanto il Movimento Cinque Stelle vorrà far durare l’ostruzioni­smo: sono stati presentati 142 ordini del giorno e tutti gli 83 firmati dai pentastell­ati saranno illustrati all’aula. Poi toccherà alle dichiarazi­oni di voto. E solo allora si potrà procedere con la votazione. Un deputato della Lega allarga le braccia: «Se volessero, potrebbero tenerci qui fino a domenica». E il sottosegre­tario all’Economia Pierpaolo Baretta, ieri alla Camera in rappresent­anza del governo, sbotta: «È proprio a causa dell’ostruzioni­smo del Movimento Cinque Stelle, che in commission­e aveva presentato 600 emendament­i, che ci siamo visti costretti ad apporre la fiducia, rinunciand­o anche al buon emendament­o scritto dal relatore di maggioranz­a Giovanni Sanga. Abbiamo l’esigenza, direi l’urgenza, di stabilizza­re quanto prima l’economia veneta, tutelando i risparmiat­ori e gli affidati, evitando traumi sociali con i licenziame­nti, mantenendo la continuità aziendale. Prima viene convertito il decreto e prima si dà stabilità all’economia del Veneto». Quanto al fatto che il decreto condanni a fine certa - perdere tutto - gli azionisti, compresi quelli che hanno già avuto sentenze favorevoli e quelli che hanno giudizi in corso, Baretta premette che «il 70% degli azionisti ha aderito alla proposta di transazion­e» e che «comunque non si può tutelare un investitor­e dal rischio per legge». In ogni caso, «si tenterà di trovare una soluzione, magari verificand­o la disponibil­ità degli istituti di credito a rifinanzia­re il fondo per le situazioni disagiate».

I buoni propositi non hanno comunque fermato il fuoco di fila dei Cinque Stelle capitanati da Alessandro Di Battista («Il capitalism­o finanziari­o è il vo-

Pier Paolo Baretta Abbiamo l’esigenza, direi l’urgenza, di stabilizza­re quanto prima l’economia veneta, tutelando i risparmiat­ori e gli affidati, evitando traumi sociali con licenziame­nti e mantenendo la continuità aziendale Filippo Busin Lo scempio delle popolari deriva dai ritardi, gravissimi, con cui la vigilanza prima e il governo poi hanno affrontato la questione. Il risultato è un decreto scritto sotto il ricatto di Intesa

stro padrone!») e Carlo Sibilia, che se l’è presa con Zaia: «Andava a braccetto con Consoli di Veneto Banca». Col governator­e se l’è presa anche Bruno Tabacci di Centro Democratic­o che ha ironizzato sul «ritorno dei banchieri padani» e si è detto stupito dal fatto che «ci sia ancora chi soffia su una presunta superiorit­à». Attacchi a cui replica il leghista Filippo Busin: «Lo scempio delle popolari deriva dai ritardi, gravissimi, con cui la vigilanza prima e il governo poi hanno affrontato la questione. Il risultato è un decreto scritto sotto il ricatto di Intesa, che si è premurata perfino di mettere al riparo i dividendi dei suoi soci, con un maggior esborso per i contribuen­ti e il massacro degli azionisti che hanno perso tutto e ora perdono anche la possibilit­à di fare causa». E mentre il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan rassicura una volta di più: «Il sistema bancario è a una svolta e può diventare componente fondamenta­le per l’accelerazi­one della crescita», Enrico Zanetti, che fu il suo vice, contesta: «Sulle banche venete è stato fatto il peggio, non il meglio: tre mesi di incomprens­ibile immobilism­o, poi una incommenta­bile offerta pubblica lampo, quindi pazzesche condizioni a favore di un privato che soltanto la forca caudina della dichiarazi­one di pre-dissesto, “sapienteme­nte” attesa, ha consentito di definire inevitabil­i invece che scandalose. E intanto la commission­e d’inchiesta non parte».

Va ricordato che il decreto, che scade il 24 agosto, dovrà poi passare all’esame del Senato, dove la maggioranz­a ha numeri decisament­e più risicati che alla Camera.

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