Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Farmaci dell’Usl nello studio privato: a processo per 48 euro
L’imputata è un medico anestesista in servizio a Pieve di Cadore. L’ospedale non si è neppure costituito parte civile
BELLUNO E’ finita nei guai per 48 euro di medicinali prelevati dall’ospedale di Pieve di Cadore, che utilizzava nel suo studio privato. Sono sfilati ieri i primi testimoni per la vicenda legata al presunto peculato di Maruska Perazzolo, 60 anni, medico anestetista dell’ospedale di Pieve di Cadore, che esercitava anche la libera professione, in regime di extra moenia. Nel 2014 le Fiamme Gialle di Cortina d’Ampezzo, durante un controllo di natura tributaria, scoprirono uno studio nella casa della dottoressa, che definirono abusivo: il medico aveva un ambulatorio in via Ria de Zeto a Cortina, che però usava di rado.
La prima a parlare è stata l’infermiera coordinatrice di Chirurgia e Terapia intensiva, Michela Cavallari, inizialmente coindagata (la sua posizione è stata archiviata). Ieri ha spiegato che, oltre ad ordinare i farmaci, provvedeva a controllare quelli scaduti, che venivano posti all’interno di scatoloni che poi venivano smaltiti. Acqua ossigenata, Buscopan, Feritene, Toradol, Muscoril, Voltaren e altri medicinali sono stati trovati nello studio della dottoressa Perazzolo. Da qui l’accusa di peculato e una serie di violazioni alle leggi sanitarie. Proprio su questo aspetto è intervenuto il maresciallo dei carabinieri del Nas, Fabio Titta, che ha analizzato tutte le confezioni di farmaci, circa 200, rinvenuti a Venas: «La maggior parte erano di provenienza della Usl, ma il valore commerciale era di 48 euro», ha detto.
Le indagini si sono concentrate solo sullo studio annesso all’abitazione, nessuno verificò lo studio effettivo, come ha confermato il maresciallo della Polizia giudiziaria, Mario Dal Don. La difesa, pare, dovrebbe puntare proprio su quest’aspetto: gli scatoloni rinvenuti a Venas erano pronti per essere smaltiti e non utilizzati. Ha parlato anche una paziente, Cinzia Vincenzi, che ha sottolineato come lei si recasse dalla dottoressa, riponendo la sua totale fiducia per l’agopuntura o la mesoterapia. «Chiedeva 70 euro a seduta e mi rilasciava sempre la ricevuta fiscale». Avrebbero dovuto testimoniare anche un’altra infermiera e il primario del Suem, Giovanni Cipollotti, che però non ha presentato la documentazione e rischia la sanzione, se non la porterà quando verrà sentito. L’Usl non si è costituita parte civile, si torna in aula il 21 gennaio prossimo.
Testimoni e «nodi» Sfilata di testimoni: fu controllato solo uno dei due studi della dottoressa, poco usato