Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Marghera e la torre che resiste Esplode la carica ma resta in piedi
L’esplosivo non abbatte uno dei simboli della chimica: «Solo indebolita». Oggi il replay
MESTRE Nonostante le cariche di esplosivo siano state fatte saltare, la torcia CV22 dell’ex azienda di pcv Vinyls è rimasta in piedi. I tecnici stanno cercando di capire che cosa non ha funzionato e soprattutto stanno verificando la stabilità della struttura.
MESTRE Il passato resiste con il coltello tra i denti, nemmeno sette cariche esplosive sono bastate per buttare giù la torre del Cvm, uno dei simboli di Porto Marghera. Quello che non sono riusciti a fare gli operai arrampicati sulla torcia per difendere il loro posto di lavoro, è riuscita a fare la torcia stessa, ancora al suo posto, accanto alla gemella, uniche superstiti dello stabilimento di Ineos (poi Vinyls Italia) che fino all’aprile del 2009 produceva cvm-pvc. Davanti a loro c’è la grande spianata di calcestruzzo, libera dal groviglio di tubi dell’impianto tutto smontato.
Doveva essere il giorno simbolo della nuova era, è stato solo un pomeriggio di attesa, fino alle sette e mezza della sera quando il suono della sirena annunciava esplosione. Tutti con il naso all’insù, smartphone rivolti verso la torcia in attesa che si appoggiasse su un lato. Invece le «gambe» non hanno voluto cedere. E dire che l’esplosivo era arrivato dalla Spagna, il metodo era stato studiato a tavolino: sei cariche esplosive per segare due delle tre gambe, e un’altra centrale per spingere la torre a cadere. Ma il passato non se ne vuole andare, nonostante come sottolinea Davide Panizzolo, lavoratore al Petrolchimico da 37 anni «è stato buttato tutto al macero». «Patrimonio industriale e professionalità, eravamo i migliori ma la politica non è stata all’altezza — sottolineava in attesa dell’abbattimento —. Mi piange il cuore vedere tutto questo, anche perché le produzioni continuano in Francia, Gran Bretagna e in Belgio. Adesso il pvc lo importiamo, lo producevamo a Porto Marghera». Nella vecchia sala di controllo che comandava tutto l’impianto ci sono ancora i segni del passato: foto, messaggi, scritte. Per l’occasione è diventata la sala ristoro: salatini, pasticcini, bibite, il 13 luglio è un giorno da ricordare. Come doveva essere oggi: una dopo l’altra dovevano cadere sotto i colpi della dinamite le due torce Cv22 e Cv23 simbolo della chimica, quella che l’Italia e Marghera non vuole più, quella che faceva suonare le sirene se c’erano sversamenti di sostanze inquinanti, quella che faceva illuminare il cielo di Venezia con le fiaccole dell’Eni nei casi di disservizio, quella che faceva chiudere le finestre ai cittadini, quella che faceva paura. Le torce sono le più alte di Marghera,168 metri una e poco più di 150 la seconda, sovrastano l’intera zona industriale, 3.690 ettari di cui 1.300 di attività produttive, 350 di canali e bacini, 130 di porto commerciale e il resto di infrastrutture. Le torri, due sottili grattacieli diventati l’emblema delle battaglie dei lavoratori contro la chiusura delle fabbriche.
I tecnici della ditta Rigato, che cura la demolizione, i vigili del fuoco, il personale della Vinyls, gli artificieri, si sono consultati fino a tarda sera per capire cosa non abbia funzionato e per mettere in sicurezza la struttura che comunque dopo l’esplosione non è più stabile come prima. Il grande botto che ha spostato l’aria e il fumo, alla fine sono solo stati coreografia di un abbattimento finito male. Ispirandosi alle esperienze straniere, l’azienda aveva proposto di far «brillare» i picchi con un sistema mai usato finora: cariche metalliche disposte alla base. Oggi doveva toccare alla gemella, probabilmente si ripeterà l’operazione per dare la spallata finale alla Cv22. «L’indebolimento è stato solo parziale», dicono i tecnici. Non se ne vogliono andare, sussurra qualcuno.