Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La Lega lancia i comitati del «Sì» Con Zaia storici e costituzionalisti
Autonomia, il governatore scrive a Minniti: lo Stato ci aiuti o il referendum è a rischio
MIRA (VENEZIA) C’era molta Lega, ieri a Villa Franceschi a Mira per la presentazione dei comitati per il «Sì» al referendum autonomista del 22 ottobre. Ma non c’era solo la Lega. Accanto al governatore Luca Zaia, accolto come una star da 200 persone al grido «Do-ge! Do-ge!», al presidente del partito Massimo Bitonci, al segretario Gianantonio Da Re e all’organizzatore dei comitati Paolo Franco, c’erano infatti gli avvocati Ivone Cacciavillani e Mario Bertolissi, che difesero la Regione nella battaglia col governo davanti alla Consulta, il costituzionalista Luca Antonini, che ormai da anni affianca Zaia nelle sue battaglie autonomiste, il segretario della Cgia di Mestre Renato Mason, che ha messo a punto i dossier allegati alla bozza di trattativa spedita a Roma, il segretario di Unioncamere Gian Angelo Bellati (che dalla Lega è stato candidato a sindaco di Venezia), lo storico dell’università di Padova Beppe Gullino. I comitati pensati da Franco, d’altronde, sono due: uno marcatamente partitico, l’altro civico. Per entrambi lo slogan è lo stesso: «Autonomia Sì, il futuro del Veneto è nelle tue mani», con l’immancabile bandiera del Veneto col leone marciano.
Immaginifico l’intervento di Zaia: «Oggi salpiamo verso un futuro ignoto, come Cristoforo Colombo salpò verso le Americhe. Siamo alle Colonne d’Ercole e davanti a noi c’è la Terra Promessa. Indietro non si torna, ora o mai più». Pubblico in visibilio, Zaia arringa: «Dando il via libera al nostro referendum la Corte costituzionale è sembrata quasi voler dire: in questo Paese non si riescono a fare le riforme, dunque provateci voi. È la piramide che si rovescia». Trattare, come ancor oggi insiste il Pd? «Come potevamo trattare con un governo che aveva impugnato il nostro referendum per proporne subito dopo il più centralista della storia? Cosa ci avrebbe mai concesso?». Con la legittimazione del referendum, invece, tutto è destinato a cambiare o almeno questo lascia intendere Zaia, che però deve fare i conti con le aspettative crescenti verso l’appuntamento d’autunno, che va caricandosi di significati enormi anche e soprattutto per via dei paralleli (azzardati secondo molti osservatori) con le Province autonome di Trento e Bolzano. A salire troppo in alto si corre il rischio di cadere e farsi male e conoscendo l’attitudine dei veneti per i risultati «qui e ora» c’è il pericolo che - politicamente - il referendum si riveli un’arma a doppio taglio. E difatti il governatore ha avvertito: «Il referendum è una cosa seria ma non è un juke box che metti la monetina e il giorno dopo ti arriva il pacco Dhl da Roma con l’autonomia: dal 23 ottobre ci sarà da lavorare ancora più duramente».
Che la campagna per il referendum stia entrando nel vivo lo dimostra, oltre all’evento di ieri a Mira, la nascita dei «comitati per l’astensione» animati da un gruppo di agguerriti under 30 e la conferenza programmatica del Pd, riunito questa mattina al Crowne Plaza di Padova nel tentativo (difficilissimo) di fare sintesi di tre diverse posizioni: il Sì convintissimo, quasi «leghista», incarnato dalla senatrice Simonetta Rubinato; il Sì poco entusiasta ma strategico del capogruppo in Regione Stefano Fracasso e del segretario Alessandro Bisato (convinti che in vista della scontata stravittoria autonomista sia suicida mettersi - ancora una volta in rotta di collisione con i veneti, per il solo gusto di marcare le distanze da Zaia); il No granitico guidato dal consigliere regionale Graziano Azzalin e dal deputato Alessandro Naccarato, che predicano «l’inutilità» della chiamata alle urne, rivendicano l’alterità rispetto alla Lega e non intendono contribuire a quello che ritengono solo un plebiscito per il governatore, magari in vista di una sua prossima discesa in campo a livello nazionale.
Zaia, astutamente, mira a coinvolgere tutti, favorevoli e contrari, «verso un unico obiettivo: la partecipazione, che dev’essere di massa se vogliamo che Roma intenda la serietà della nostra proposta».
E a proposito di Roma: ieri il governatore ha preso ancora una volta carta e penna e scritto al ministro dell’Interno (la prima missiva risale al 13 giugno 2016, poi ne sono state spedite altre due, tutte rimaste senza la benché minima risposta) per chiedere che entro la fine di luglio il governo assicuri «lo svolgimento di tutte le attività di competenza statale, in assenza delle quali la consultazione potrebbe non svolgersi». Molti gli aspetti di cui dovrebbero occuparsi le prefetture, dalla revisione delle liste elettorali all’autorizzazione all’utilizzo della tessera elettorale, dalla tutela dell’ordine pubblico alla custodia delle schede durante le operazioni di voto. «Senza questi adempimenti - avverte Zaia - la consultazione potrebbe essere invalidata».