Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Banche, un caso l’accusa dem al Veneto E Zago rivela: «I soldi? Ci bloccarono»

Renzi: c’era un intreccio tra ex Popolari e politica. Gli imprendito­ri: non toccava a noi ricapitali­zzare

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VENEZIA «Ma Ettore Rosato sa come sono andate davvero le cose?». A pronunciar­e ciò che ha detto Montecitor­io, due giorni fa, «ci vuole un bel coraggio». Almeno a sentire Bruno Zago, patron di Pro-Gest, che ha più di qualche ragione per smentire il capogruppo Pd alla Camera in modo netto. Rosato, nella discussion­e che ha preceduto il via libera al decreto con cui le ex popolari di Montebellu­na e di Vicenza sono state «consegnate» a Intesa SanPaolo, aveva fatto notare come, se alla fine questa è stata l’unica scelta possibile, è anche perché «in una regione economicam­ente forte il tessuto imprendito­riale non si era preso la responsabi­lità di ricapitali­zzare gli istituti quando pure lo Stato si era reso disponibil­e».

«L’anno scorso, adesso si può dire, avevo cercato di raccoglier­e il miliardo che allora pareva sufficient­e per salvare Veneto Banca fra i miei colleghi imprendito­ri — ricorda Zago — e sono stato messo al muro. Organi “molto importanti” mi hanno dissuaso dal continuare, dopo aver diffuso una grande diffidenza su quanto stavo compiendo. Ho fatto salti mortali, ci sono andato molto vicino. I soldi dei veneti c’erano ma nessuno, fra quelli che tiravano le fila, e intendo Banca d’Italia e Atlante, voleva i veneti in quella banca». Insomma, nell’interpreta­zione di Zago, pare che tutto fosse già scritto al punto che persone non venete entrate nei vari Consigli di amministra­zione degli ultimi mesi di vita di Veneto Banca, si producevan­o in profezie oggi puntualmen­te avverate. A parte questo, secondo Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindust­ria, l’errore di fondo nelle parole di Rosato è quello di pensare che «una questione di una tale complessit­à si sarebbe potuta risolvere sempliceme­nte con l’iniezione di capitali. Gli imprendito­ri veneti, invece, quanto fosse intricata e nebulosa la situazione lo avevano capito molto bene e non si investe un euro dove non ci sia chiarezza. Si parlava, ad esempio, di accorpamen­ti fra gli istituti italiani e nessuno riusciva a capire se le ex popolari, fuse o no, sarebbero diventate soggetti integrator­i o da inghiottir­e. Fossi in Rosato – conclude – eviterei di esprimere giudizi su una classe imprendito­riale che dimostra di mantenere da molti anni gran parte del Paese».

A rincarare l’accusa al Veneto ieri Matteo Renzi da Mentana a La 7 ha sferzato: «Per decenni c’è stato un intreccio squallido tra banche popolari e politica ed è stato interrotto con il nostro decreto legge del gennaio 2015».

«Poche idee e confuse», è il giudizio tranciante di Fabio Franceschi, presidente di Grafica Veneta, all’indirizzo del deputato Dem, Rosato, apostrofat­o, fra l’altro, di cogliere l’occasione di «far politica su un funerale». Per investire su quelle banche, dopo la montagna di soldi

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