Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Corto Maltese e i suoi primi 50 anni Edizione speciale
Luglio 1967–luglio 2017. Sono passati cinquant’anni da quando, nella quinta tavola, legato come un salame a una zattera alla deriva, compariva Corto Maltese. Mezzo secolo è trascorso dalla prima puntata di Una ballata del mare salato comparsa sulle pagine del numero uno di «Sgt Kirk». Sulla rivista di Florenzo Ivaldi la «Ballata», 160 tavole, diventa una serie dal numero uno fino al numero 20, uscito nel febbraio 1969. Nel novembre di quell’anno l’autore, il veneziano Hugo Pratt, al festival di Lucca incontra Georges Rieu di «Pif gadget», che gli commissiona per la Francia alcune storie brevi con protagonista l’affascinante marinaio visto appunto nella striscia citata.
Corto Maltese diventa così personaggio seriale e protagonista assoluto del fumetto mondiale: 21 racconti brevi e altre sette storie lunghe. Tutte storie pubblicate da Rizzoli Lizard, casa editrice che oggi ha voluto omaggiare il 50ennale dalla «nascita» del personaggio creato da Pratt con l’«edizione anniversario» di Una ballata del mare salato. Un’edizione di pregio, numerata, con un formato e una cartotecnica che le rendono il giusto onore (192 pagine, 59 euro). Di «giusto onore» si parla perché è stata un’opera di rottura, innovatrice, per il fumetto mondiale. Per la prima volta un fumetto d’avventura è pensato come un romanzo: le 160 tavole sono la prima sintesi del concetto prattiano di «letteratura disegnata», che dà un valore altro al fumetto, decine d’anni prima che diventasse in voga il termine «graphic novel».
Veniamo alla storia raccontata. È il primo novembre del 1913: nel mezzo dell’Oceano Pacifico, a Sud delle Isole Salomone, l’instabile e spietato capitano Rasputin salva dalle on-
de Cain rampollie Pandoradi una Groovesnore,ricca famiglia inglese. Poco dopo Rasputin recupera dal mare anche una sua vecchia conoscenza, Corto Maltese, legato ad una zattera e lasciato alla deriva. I due sono entrambi pirati al soldo del misterioso Monaco, re indiscusso dell’isola Escondida. La trama si fa via via più articolata con colpi di scena, doppi giochi e la presenza di eserciti stranieri, quello tedesco e quello giapponese (siamo alla vigilia della prima guerra mondiale).
La strada scelta da Pratt nel fumetto è quella già tracciata in letteratura da Jack London, Joseph Conrad e Louis Stevenson, cioè il genere avventuroso. Ma la trama, particolarmente complessa e farcita di dettagli minuziosi nella narrazione grafica, è rivolta ad un lettore adulto, preparato e attento: i tempi di lettura richiesti sono ampi. Nulla a che vedere con i precedenti avventurosi «fumetti d’evasione». Corto Maltese non è il protagonista della storia ma solo uno dei molti personaggi che si muovono nel racconto, non è un’eroe classico, ha i suoi limiti e le sue debolezze, ma dalla sua ha un’etica, personalissima, che lo distingue da tutti.
Una ballata del mare salato è quindi un romanzo corale, costruito con realismo narrativo grafico, in cui ancora il disegno di Pratt rimane fedele ai propri miti (Milton Caniff tra tutti) ma lascia intravvedere, nell’essenziale tratto di feluche in controluce o del mare ritratto con pochi segni, quel percorso volto all’indispensabile che lo porterà ad affermare: «Vorrei arrivare a dire tutto con una linea».
Sta tutta nel linguaggio, nella sceneggiatura e nei dialoghi la vera rivoluzione della «Ballata». La fedeltà maniacale dei dettagli, dalle uniformi alle imbarcazioni, una veridicità grafica che non si era mai vista prima. E a questo si aggiunge il guizzo, il genio, nel far parlare gli indigeni in dialetto veneziano: «La gà vantà una baravassa granda (l’ha catturato una conchiglia gigante, ndr)», dice preoccupato un amico di Corto Maltese. Oppure: «Biri, Bari, Bragora» è il grido di battaglia dei locali, che richiama il proverbio veneziano sui luoghi pericolosi della città: «Biri, Bari, Bragora libera nos domine».
Ma è soprattutto lo stile, la voce autoriale di Pratt, che sparigliano le carte della narrazione a fumetti. «Chissà perché mi fai ricordare un tango di Arola, che ascoltai nel cabaret della Parda Flora, a Buenos Aires», dice Corto a Pandora nel momento dell’addio. «Forse c’era qualcuna che mi assomigliava?», gli chiede la ragazza. «No! Proprio perché non assomigli a nessuna avrei voluto incontrarti sempre... in qualsiasi posto...», risponde allora il «gentiluomo di fortuna».