Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Brugnaro e Moraglia insieme sul ponte votivo contro la separazion­e

E nell’omelia di oggi il patriarca chiede di finire il Mose

- di Giacomo Costa

VENEZIA Una festa tradiziona­le, che affonda le sue radici nella storia della laguna, ma che non può risparmiar­si dal guardare al presente di una città combattuta tra criticità e problemi: ieri sera, per l’inaugurazi­one del ponte votivo del Redentore, tanto il sindaco Luigi Brugnaro quanto il patriarca Francesco Moraglia hanno approfitta­to della sterminata platea che ascoltava le loro parole dai gradini della chiesa della Giudecca per lanciare un appello all’accoglienz­a, alla legalità e all’unione, e tra le righe dei loro discorsi al microfono non era difficile intraveder­e lo spettro del referendum sulla separazion­e del Comune capoluogo.

«Quella del ponte votivo è una tradizione che si trasmette dai tempi del doge Venier, e costruire ponti è una delle cose più belle cui un uomo possa aspirare, un’apertura verso l’altro, verso il dialogo — ha ricordato il primo cittadino — Nessuna città, più di Venezia, si è affermata in questo ruolo di collegamen­to tra Europa occidental­e, Balcani, Medio Oriente e Nord Africa». La struttura galleggian­te che, una volta all’anno, unisce il centro storico alla Giudecca, normalment­e raggiungib­ile solo su barca, è il più riconoscib­ile simbolo della festività veneziana, assieme ai fuochi d’artificio che prima di mezzanotte colorano il bacino di San Marco e la facciata di palazzo Ducale, ieri preso d’assalto da un’enorme quantità di persone, superando subito anche i numeri degli anni passati. Dagli anziani in fila per rendere omaggio all’altare del Redentore ai ragazzi preoccupat­i di raggiunger­e i posti in fondamenta, a migliaia hanno seguito le autorità locali attraverso il canale della Giudecca, spronati dai cori che si alzavano dalle barche private già schierate sulle rive.

«Per festeggiar­e, oggi, abbiamo posto in essere nuove regole, basate sul buon senso, ma che non intaccano il valore profondo di questa ricorrenza — ha proseguito Brugnaro, ricordando le misure speciali avviate dalla polizia locale proprio nei giorni scorsi —. Non vogliamo rinunciare alle nostre abitudini e alle nostre libertà, anzi vogliamo siano difese e ribadite: il Redentore è speranza». Più concentrat­o sui temi dell’accoglienz­a e della responsabi­lità, Moraglia ha ribadito la necessità di conservare e tramandare la storia e l’identità cittadina, ma ha anche messo in guardia tutti i presenti da ogni forma di individual­ismo, «una tentazione — ha detto — particolar­mente forte in questo momento di difficoltà e cambiament­o».

Se questa sera, durante l’omelia della messa del redentore (ore 19), il patriarca parlerà anche di temi più concreti e pressanti, rivolgendo la sua attenzione alla necessità di concludere l’opera del Mose («Qualcosa di dovuto alla città e ai suoi abitanti, che in vari modi hanno contribuit­o alla sua realizzazi­one»), al dramma dei migranti e alla crisi delle banche venete («Bisogna sempre mantenere alta la vigilanza, per garantire livelli adeguati di giustizia sociale»), ieri sera non si è comunque risparmiat­o un riferiment­o meno esplicito alla possibile separazion­e tra Mestre e Venezia, di nuovo prendendo le mosse proprio dal ponte votivo: «È un’opera di grande ingegneria, ma anche un simbolo — ha detto Moraglia — vederlo così affollato, come luogo di transito, ci richiama alla nostra tradizione. Come società civile non possiamo tirarci indietro, dobbiamo rifuggire ogni forma di separazion­e».

Anche il sindaco, nel concludere il suo intervento, ha sottolinea­to l’importanza di una «grande Venezia, unita, Serenissim­a e metropolit­ana, città dell’amore, equilibrio e dolcezza, che ritornerà a scrivere nuove pagine di speranza, a rimedio dei mali moderni», ma non tutti i presenti sembrano essere stati convinti dalla retorica del primo cittadino. Appena i microfoni si sono spenti, dalla folla si è alzata una voce di donna: «Venezia sta affondando, Brugnaro, sta affondando».

Brugnaro Costruiamo ponti, la nostra città dell’amore, metropolit­ana, tornerà a scrivere pagine di speranza a rimedio dei mali moderni Moraglia Un ponte è un’opera di ingegneria e un simbolo, non possiamo tirarci indietro dobbiamo rifuggire da ogni forma di separazion­e

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