Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Brugnaro e Moraglia insieme sul ponte votivo contro la separazione
E nell’omelia di oggi il patriarca chiede di finire il Mose
VENEZIA Una festa tradizionale, che affonda le sue radici nella storia della laguna, ma che non può risparmiarsi dal guardare al presente di una città combattuta tra criticità e problemi: ieri sera, per l’inaugurazione del ponte votivo del Redentore, tanto il sindaco Luigi Brugnaro quanto il patriarca Francesco Moraglia hanno approfittato della sterminata platea che ascoltava le loro parole dai gradini della chiesa della Giudecca per lanciare un appello all’accoglienza, alla legalità e all’unione, e tra le righe dei loro discorsi al microfono non era difficile intravedere lo spettro del referendum sulla separazione del Comune capoluogo.
«Quella del ponte votivo è una tradizione che si trasmette dai tempi del doge Venier, e costruire ponti è una delle cose più belle cui un uomo possa aspirare, un’apertura verso l’altro, verso il dialogo — ha ricordato il primo cittadino — Nessuna città, più di Venezia, si è affermata in questo ruolo di collegamento tra Europa occidentale, Balcani, Medio Oriente e Nord Africa». La struttura galleggiante che, una volta all’anno, unisce il centro storico alla Giudecca, normalmente raggiungibile solo su barca, è il più riconoscibile simbolo della festività veneziana, assieme ai fuochi d’artificio che prima di mezzanotte colorano il bacino di San Marco e la facciata di palazzo Ducale, ieri preso d’assalto da un’enorme quantità di persone, superando subito anche i numeri degli anni passati. Dagli anziani in fila per rendere omaggio all’altare del Redentore ai ragazzi preoccupati di raggiungere i posti in fondamenta, a migliaia hanno seguito le autorità locali attraverso il canale della Giudecca, spronati dai cori che si alzavano dalle barche private già schierate sulle rive.
«Per festeggiare, oggi, abbiamo posto in essere nuove regole, basate sul buon senso, ma che non intaccano il valore profondo di questa ricorrenza — ha proseguito Brugnaro, ricordando le misure speciali avviate dalla polizia locale proprio nei giorni scorsi —. Non vogliamo rinunciare alle nostre abitudini e alle nostre libertà, anzi vogliamo siano difese e ribadite: il Redentore è speranza». Più concentrato sui temi dell’accoglienza e della responsabilità, Moraglia ha ribadito la necessità di conservare e tramandare la storia e l’identità cittadina, ma ha anche messo in guardia tutti i presenti da ogni forma di individualismo, «una tentazione — ha detto — particolarmente forte in questo momento di difficoltà e cambiamento».
Se questa sera, durante l’omelia della messa del redentore (ore 19), il patriarca parlerà anche di temi più concreti e pressanti, rivolgendo la sua attenzione alla necessità di concludere l’opera del Mose («Qualcosa di dovuto alla città e ai suoi abitanti, che in vari modi hanno contribuito alla sua realizzazione»), al dramma dei migranti e alla crisi delle banche venete («Bisogna sempre mantenere alta la vigilanza, per garantire livelli adeguati di giustizia sociale»), ieri sera non si è comunque risparmiato un riferimento meno esplicito alla possibile separazione tra Mestre e Venezia, di nuovo prendendo le mosse proprio dal ponte votivo: «È un’opera di grande ingegneria, ma anche un simbolo — ha detto Moraglia — vederlo così affollato, come luogo di transito, ci richiama alla nostra tradizione. Come società civile non possiamo tirarci indietro, dobbiamo rifuggire ogni forma di separazione».
Anche il sindaco, nel concludere il suo intervento, ha sottolineato l’importanza di una «grande Venezia, unita, Serenissima e metropolitana, città dell’amore, equilibrio e dolcezza, che ritornerà a scrivere nuove pagine di speranza, a rimedio dei mali moderni», ma non tutti i presenti sembrano essere stati convinti dalla retorica del primo cittadino. Appena i microfoni si sono spenti, dalla folla si è alzata una voce di donna: «Venezia sta affondando, Brugnaro, sta affondando».
Brugnaro Costruiamo ponti, la nostra città dell’amore, metropolitana, tornerà a scrivere pagine di speranza a rimedio dei mali moderni Moraglia Un ponte è un’opera di ingegneria e un simbolo, non possiamo tirarci indietro dobbiamo rifuggire da ogni forma di separazione