Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Imprese venete senza credito: in 3 anni 10 miliardi in meno Ma le sofferenze schizzano in alto

- Gianni Favero

VENEZIA I due dati vanno letti in uno schema di raffronto, poiché l’uno influenza l’altro: da un lato, l’aumento del 28,2% delle sofferenze in capo alle imprese, dall’altro la contrazion­e degli affidament­i da parte del sistema del credito veneto che, negli ultimi tre anni, ha continuato per quanto possibile a concedere liquidità, ma con una diminuzion­e del 10,7%.

Dato, quest’ultimo, che pone il Veneto in testa alla classifica nazionale del credit crunch (se si esclude il Molise, regione poco significat­iva per demografia e contributo al Pil nazionale), e che per le aziende della nostra regione corrispond­e a minori impieghi per 10,8 miliardi.

E’ quanto si evince da un rapporto curato dal Centro studi della Cgia di Mestre, sulla base dei dati di Banca d’Italia e aggiornato allo scorso mese di aprile. Le realtà produttive di casa nostra, insomma, si sono viste ridurre il flusso di liquidità bancaria ma in questo va tenuto presente che, in tutto il Nord industrial­izzato, il Veneto è anche la regione meno brillante per rapporto fra sofferenze e impieghi. I soldi prestati dal sistema del credito alle aziende venete e che ad oggi risultano con scarse speranze di restituzio­ne sono 18,7 euro ogni 100, dato che, per fare dei confronti, scende a 14,6 in Lombardia e a 9,6 in Trentino Alto Adige. E se l’incidenza dei debiti non onorati sugli affidament­i accordati è un indicatore che rispecchia in modo diretto la presenza di criticità economiche sul territorio, a stare peggio nella nostra regione è la provincia di Padova, dove il tasso raggiunge il 21,8%, seguita da Rovigo (21,6%) e da Treviso (19,7%). Nella maggiore rigidità di erogazione del credito alle imprese hanno giocato un certo ruolo anche le difficoltà conosciute nell’ultimo triennio da alcune fra le banche di riferiment­o della piccola imprendito­ria regionale, in primis le ex popolari di Vicenza e di Montebellu­na, oltre ad alcune insegne del Credito cooperativ­o coinvolte in misure di commissari­amento oggi risolte. Ma vale anche il contrario. Le ex popolari sono state ferite mortalment­e da prestiti grandi quanto imprudenti e mai rientrati. «Se non si vogliono rendere noti i nomi dei creditori – chiude il segretario della Cgia, Renato Mason – chi ha contribuit­o a dissestare i bilanci di queste banche sia messo nelle condizioni di non partecipar­e più alla vita civile di questo paese».

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