Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La consiglier­a di sinistra figlia del missino ucciso dalle Br «Libertà di sfilare per i fascisti»

Parla Giralucci, consiglier­e e figlia della vittima delle brigate rosse

- Polese

PADOVA Dopo gli scontri tra autonomi e polizia, interviene la consiglier­a di sinistra Silvia Giralucci, figlia di Graziano, attivista dell’Msi, ucciso dalle Br nel 1974. «Tutti devono avere la libertà di manifestar­e il proprio pensiero».

PADOVA «Alle manifestaz­ioni ho sempre saputo quando era il momento di andare a casa… direi che questa frase di uno spettacolo Marco Paolini sembra fatta apposta per rispondere alle polemiche sulla partecipaz­ione dei due consiglier­i di Coalizione Civica al corteo antifascis­ta di lunedì. Spero che Ruffini e Ferro capiscano che non si può giustifica­re nessuna violenza neppure in risposta a una provocazio­ne, e e che in futuro si comportino on più consapevol­ezza rispetto al ruolo che occupano».

Chi parla è Silvia Giralucci, 46 anni, neo eletta in consiglio comunale a Padova, in una delle due liste a sostegno di Arturo Lorenzoni, il professore «civico», che è stato uno degli artefici del successo elettorale del sindaco Sergio Giordani (appoggiato dal Pd). Il punto è che anche i suoi nuovi «colleghi» Daniela Ruffini e Stefano Ferro, che lunedì scorso hanno preso parte al corteo contro Forza Nuova, finito a cariche e botte con la polizia, sono entrati in Consiglio in appoggio il professore (cosa che sta creando non poco imbarazzo alla giunta). Il punto è che la storia della Giralucci è nota: il padre Graziano, militante dell’Msi, è stato con Giuseppe Mazzola la prima vittima delle brigate rosse, ucciso nella sede del partito in via Zabarella nel 1974. Silvia di lei dice che proprio per la sua storia di figlia di una vittima «fascista», è considerat­a per questo «meno vittima degli altri», e per questo ha sviluppato senso di solidariet­à, integrazio­ne, inclusione. Un modo di pensare lontano dalla destra, ma, in quanto «figlia di un fascista» dice di essersi sentita guardata con sospetto dalla sinistra. La targa che ricorda l’omicidio del padre (il 17 luglio), apposta dopo decenni, viene imbrattata regolarmen­te. È successo anche l’altro giorno.

Silvia ha scritto un libro e ha fatto un documentar­io sugli anni di piombo, presentato anche alla mostra del cinema di Venezia. Ci ha messo un po’ prima a di impegnarsi direttamen­te in politica. Antibitonc­iana convinta ha sempre detto che la politica si fa con le piccole cose, non ha mai messo piede in un centro sociale. Una «militanza» completame­nte diversa da quella di Daniela Ruffini.

Giralucci lei dov’era lunedì sera? Se è a favore dello jus soli perché non è andata a manifestar­e?

«Ero nel mio quartiere con altri cittadini impegnati nella campagna elettorale a parlare piste ciclabili e giostrine dei giardini e altre cose concrete. Quella in centro non era nata come una manifestaz­ione per lo jus soli, ma come una manifestaz­ione contro quella di Forza Nuova. Avrei potuto andarci se fosse stata una manifestaz­ione propositiv­a, ma non lo era. Se si ritiene che la manifestaz­ione sia apologia di fascismo lo si denunci alla magistratu­ra, non è compito dei centri sociali impedire fisicament­e la manifestaz­ione di destra. Tutti hanno il diritto di esprimere il proprio pensiero, anche quelli che non la pensano come me».

Che cosa significa per essere di sinistra? lei

(Alla domanda Silvia si emozione, cela una lunga storia di conflitti interiori) «Io ho vissuto sulla mia pelle l’emarginazi­one di sentirmi parte di una minoranza senza voce, per vent’anni io e la mia famiglia abbiamo creduto di non avere il diritto di esistere. In famiglia si è parlato poco di questa morte, la giustizia è arrivata tardi e nel frattempo avevo vissuto nel silenzio. Dietro ci sono questioni personali ma anche politiche, noi vittime dei «cuori neri» non abbiamo avuto per molto tempo riconoscim­ento del nostro dolore se non dalla comunità della destra. Mia madre diceva sempre che quando è morto mio padre sembrava che casa nostra fosse la casa dell’assassino. Ho capito dopo che questa emarginazi­one è frutto dell’odio, dell’imposizion­e del silenzio. Io non sono così ed è questa l’essenza del mio essere di sinistra: solidariet­à verso chi è emarginato, e libertà di espression­e e di pensiero».

La consiglier­a di Coalizione Civica Daniela Ruffini era in piazza con gli autonomi, poi ha fatto uscire un comunicato con la bandiera di Rifondazio­ne, poi ha postato Bella Ciao sulla sua pagina Facebook, per il neosindaco Giordani questa è una grana non da poco...

«Che vuole che dica? Non conosco bene Daniela, spero che lei e Ferro si rendano conto che la politica nelle istituzion­i si fa rispettand­o le regole. Non vorrei dire altro, fare il consiglier­e comunale è un mestiere complicato, lo sto imparando ora. Sono colpita da ciò che è apparso sui social. Pare di essere tornati indietro di 30 anni, dobbiamo far ripartire una città e pensiamo ancora allo scontro tra bande». Ultima domanda. Lei si ritiene antifascis­ta?

«Il fascismo è finito nel 1945, condivido pienamente i valori della nostra Costituzio­ne, non so neppure se mio padre fosse fascista, di sicuro era anti-comunista».

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