Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Anche De Poli con Berlusconi Valzer dei posti

- Di Marco Bonet

VENEZIA Tu chiamalo, se vuoi, «partito dependance», come fanno i leghisti. O casa dei moderati, Ppe in Italia, alternativ­a liberale, centro popolare, quarta gamba del centrodest­ra, terza del centrosini­stra. Il punto è che lì in mezzo, tra Renzi e Berlusconi, in questi giorni c’è un gran movimento, che coinvolge anche parlamenta­ri e consiglier­i regionali veneti. Dopo l’ex vicesegret­ario regionale del Pd Andrea Causin, ieri anche l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi ha ufficializ­zato dalle colonne del Corriere del Veneto il suo passaggio con Berlusconi, «unico leader credibile del centrodest­ra». Lo seguiranno le tre senatrici (Patrizia Bisinella, che è pure la sua compagna, Manuela Munerato e Raffaela Bellot) e i due deputati (Matteo Bragantini e Roberto Caon) di Fare! All’ex Cavaliere guarda anche il senatore dell’Udc Antonio De Poli, che spiega: «Stiamo tornando verso lo schema centrodest­ra e centrosini­stra e in questo contesto un centro autorefere­nziale è destinato a sciogliers­i come neve al sole. Bisogna essere pragmatici, fare chiarezza, altrimenti gli elettori non capiscono. Serve un’area di centro riferibile al Ppe che sia però ancorata al centrodest­ra». Il «centro referenzia­le», ispirato dall’esperienza francese di Macron, di cui parla De Poli sarebbe quello studiato da Angelino Alfano, Pierferdin­ando Casini, Denis Verdini e Enrico Zanetti, che difatti, tramontato il progetto comune con Tosi a suo tempo benedetto da Verhofstad­t dell’Alde, avverte: «Noi siamo aperti al dialogo sia col Pd che con Forza Italia. La legge elettorale lascia ampi spazi per la costruzion­e di un centro autonomo, liberale e popolare, che ragioni sui contenuti piuttosto che sulle appartenen­ze e gli schieramen­ti tradiziona­li». e Raccontano gli azzurri che per Alfano è impossibil­e - per ora - pensare al ritorno in Fi. E ad Alfano, che oggi riunirà i suoi a Taormina, sono legati il sottosegre­tario all’Ambiente Barbara Degani (che dopo aver sostenuto col Pd l’elezione a sindaco di Giordani potrebbe aspirare ad un prestigios­o incarico a Padova) e i senatori Mario Dalla Tor e Franco Conte. «Al momento si corre da soli - dice Dalla Tor - ma molto dipenderà dalla legge elettorale». Più defilato l’ex vicegovern­atore Marino Zorzato, che allarga le braccia: «Vedo molti personalis­mi e nessun vero progetto politico». Si muovono da indipenden­ti, ma sempre nell’alveo del centrodest­ra, gli alfieri di Parisi, dal senatore Maurizio Sacconi al deputato Domenico Menorello, così come quelli di Fitto, dall’europarlam­entare Remo Sernagiott­o all’ex consiglier­e regionale Leonardo Padrin, che stiletta: «Non siamo né profughi né accattoni, andiamo avanti per la nostra strada». In Forza Italia viene dato per certo il «ritorno» dei fratelli Alberto e Massimo Giorgetti, mai usciti ufficialme­nte, della senatrice Cinzia Bonfrisco e di Quagliarie­llo, che in Veneto significa il consiglier­e regionale Stefano Casali (che a Palazzo Ferro Fini fa asse con Andrea Bassi e Maurizio Conte), indispetti­to però dal rientro in pista di Tosi, «che fino all’ultimo alle Comunali di Verona ha cercato i voti del Pd contro di noi». Con le nuove alchimie nazionali, in effetti, gli incroci sul territorio si fanno pericolosi. Come testimonia il nervosismo dei leghisti: «È solo gente a caccia di posti in lista ma hanno fatto male i conti - sibilano i colonnelli -. Forza Italia farà in Veneto tra il 5 e l’8%, che col proporzion­ale significa tra 3 e 6 parlamenta­ri. Togliamo Ghedini, Brunetta e qualche paracaduta­to tipo Valentini. Tutti gli altri si scannerann­o per le briciole, prima di essere scaricati da Berlusconi. E se mai riuscisser­o a creare questo fantomatic­o “soggetto di centro”, potranno brindare se qui ne passerà uno. Insomma, tanto rumore per nulla».

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Domenico Menorello Stefano Casali

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