Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Io non voglio più lavorare» Operaio albanese a colpi di sbarra contro il suo datore di lavoro
MONTEBELLUNA Ha scaraventato, piegandola, una livella in testa al suo datore di lavoro. Poi, impugnando quella sbarra da cantiere, lo ha anche colpito a una spalla e infine ha mandato in mille pezzi i vetri del furgone della ditta, rimediando oltre a tutto il resto anche una denuncia per danneggiamenti.
T. M., 39 anni, albanese, qualche guaio in materia di prostituzione in passato, era affidato in prova ai servizi sociali. L’altra mattina, dopo l’ennesimo episodio di tensione con il suo datore di lavoro, un 46enne di Trevignano, ha perso le staffe e con quella sbarra di ferro in mano ha deciso di chiarire che non intendeva più subire in silenzio gli ordini che gli venivano impartiti. «Non voglio più lavorare» sono le ultime parole che l’uomo ha pronunciato al suo datore di lavoro prima di cominciare a sbattere contro il furgone quell’attrezzo da cantiere. Per farlo desistere il 46enne, che nell’azienda edile di Quinto di Treviso ha altri due soci, ha aperto lo sportello trovandosi davanti una vera e propria furia. Nessuna possibilità di sottrarsi a quei colpi sferrati con forza.
Un altro componente della squadra di operai, che con i colleghi aveva raggiunto il cantiere via dei Zanin a Montebelluna, ha immediatamente composto il numero dei carabinieri che in pochi istanti sono arrivati sul posto. I militari dell’arma hanno raccolto le prime informazioni che hanno chiarito come fossero andate le cose. Il 39enne è stato accompagnato in caserma dove è finito in camera di sicurezza in attesa del processo per direttissima di ieri mattina.
Il suo datore di lavoro è stato invece accompagnato all’ospedale dove il trauma cranico e le lesioni alla spalla gli sono valse una prognosi di 18 giorni. «Non potete capire la paura che ho avuto, ho temuto di morire» ha confidato l’uomo ai colleghi.
Ieri mattina il 39enne è comparso in tribunale a Treviso dove davanti al giudice Umberto Donà, assistito dal suo legale Mauro Serpico, si è avvalso della facoltà di non rispondere ed ha patteggiato una condanna a sette mesi.
Nei prossimi giorni verrà chiamato anche dal tribunale di sorveglianza che gli aveva concesso l’affidamento in prova. In quel caso rischia la revoca dei benefici a cui era stato ammesso. (a.zamb.)