Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ex popolari, doppia trattativa per salvare i fidi

Tavolo Intesa-categorie su 1,2 miliardi e poi con Sga, che potrebbe avere licenza bancaria

- Nicoletti

Da un lato la trattativa categorie-Intesa, per salvare 1,2 miliardi di fidi a rischio. Dall’altro quella da avviare con la Sga, per far lo stesso, facendoli ritornare in banca, almeno il 20% delle posizioni deteriorat­e. Scorre su questo doppio binario da ieri la partita sugli affidament­i a rischio, e con loro sulle aziende che ne stanno alle spalle, dopo la liquidazio­ne di Bpvi e Veneto Banca. Il tutto mentre per la società dell’ex Banco Napoli pare farsi largo l’ipotesi di una licenza bancaria, per gestire meglio le questioni del credito. Intanto anche il Fondo Atlante va verso la liquidazio­ne.

VENEZIA Da un lato la trattativa con Intesa per salvare gli 1,2 miliardi - sui 4 totali - di prestiti in bonis ad alto rischio in Veneto. Dall’altro un tavolo-fotocopia, stavolta da aprire con la Sga, a quel punto magari dotata di licenza bancaria, per affrontare lo stesso percorso al contrario con i crediti deteriorat­i delle imprese che si possono realistica­mente far tornare in bonis. Corre da ieri su questo doppio binario la delicata partita per salvare i fidi a rischio, e con essi anche le aziende nella stessa situazione, dopo la liquidazio­ne di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Partita delicata, soprattutt­o rispetto ai 9 miliardi lordi, per quasi la metà in Veneto, di fidi incagliati e scaduti, che rischiano di innescare un effetto a catena di chiusure aziendali, una volta messi tout court a rientro, trattati già come crediti in sofferenza irremediab­ili, senza distinguer­e almeno quelli che possono esser rimessi in bonis, una volta transitati nella Sga, la società che aveva gestito le sofferenze del Banco di Napoli e a cui il Tesoro ha affidato la partita.

Per intanto s’inizia con lo sminare il campo meno insidioso, i crediti in bonis ad alto rischio. Ieri seconda riunione a Mestre del tavolo tra Confartigi­anato, Cna, Confcommer­cio e Coldiretti, affiancati dai Confidi, con Stefano Barrese e Gabriele Piccini, i plenipoten­ziari di Intesa nell’integrazio­ne delle ex reti Bpvi e Veneto Banca. «Ci rivedremo a settembre, per affrontare insieme ai Confidi le soluzioni per mantenere in bonis le soluzioni più difficili», dice il direttore regionale di Cna, Mario Borin. Per allora ci sarà il dettaglio delle posizioni equivalent­i a quegli 1,2 miliardi di euro in Veneto; e l’idea è di far leva, per la ristruttur­azione dei crediti, sui Confidi o sulle soluzioni di garanzia come la riassicura­zione del credito di Veneto Sviluppo. «Anche per la questione affidament­i a rischio per l’azzerament­o del valore delle azioni Bpvi e Veneto Banca messe a garanzia, sui cui speriamo di iniziare a lavorare a settembre - aggiunge il leader regionale di Confartigi­anato, Agostino Bonomo -. La buona notizia uscita è che le imprese con affidament­i sovrappost­i tra le tre banche non sono così tante».

Se il dialogo operativo con Intesa è instradato, resta tutto da aprire quello con i commissari liquidator­i, tra cui l’ex Ad di Bpvi Fabrizio Viola, e con Marina Natale, l’ex manager Unicredit che il Tesoro ha chiamato come amministra­tore delegato in Sga. Discorso da affrontare dopo la conversion­e in legge del decreto sulla liquidazio­ne delle ex popolari venete, atteso al Senato la prossima settimana. Il vero campo minato sta lì. «Dalle nostre prime valutazion­i riteniamo che un buon 20% delle posizioni possano ritornare bancabili sostiene Bonomo -. Cosa però che non rimuove, con quel che resta, il rischio enorme dell’effetto domino sulla struttura produttiva del Veneto, per il resto degli affidament­i messi tout court a recupero dalla Sga».

Temi che potrebbero intrecciar­si con l’idea, che pare farsi largo, di dotare la nuova Sga di una licenza bancaria, che permettere­bbe una gestione dei crediti non solo in chiave di recupero. Pur se resterebbe da capire chi la doterebbe del patrimonio e se il Tesoro lo possa fare, senza che si riapra la partita con l’Ue sugli aiuti di Stato. E intanto, mentre anche il Fondo Atlante I, socio totalitari­o delle due venete, si avvia verso la liquidazio­ne dopo aver bruciato in un anno 3,43 miliardi, si fanno spazio intorno alla conversion­e del decreto in parlamento alcune idee sul nodo credito. Come il recuperare l’emendament­o non passato alla Camera che impegnava Intesa a mantenere invariati l’ammontare dei fidi iniziali in caso di sovrapposi­zione fintanto che vale la garanzia statale, per rendere più progressiv­a la riduzione. E di mantenere, con formule di distacco, a gestire sul territorio le posizioni di crediti in difficoltà il personale delle due ex popolari che lo aveva fatto fin qui. «Concordo. Sarebbero due soluzioni conclude Bonomo - di estrema utilità».

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