Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«MODELLO» A RISCHIO ROTTURA
Calati junco. Ma quanto deve piegarsi il giunco, e per quante volte, prima di spezzarsi? Per quante volte Sergio Giordani dovrà «sopire, troncare, troncare, sopire», prima che la sua pazienza raggiunga il limite e la sua amministrazione il capolinea? Non è passato un mese da quando è stato eletto sindaco di Padova e già gli stanno esplodendo tra le mani le contraddizioni che in campagna elettorale avevano spinto i più ad interrogarsi: come si possono tenere insieme Flavio Zanonato e Giustina Destro, Maurizio Saia (col cane Benito) e i centri sociali «antifascisti», il Pd e gli ex Forza Italia? Si maneggiano il nitro e la glicerina e davanti ci sono 5 anni, mica una nuttata. Col decisionismo alla Bitonci si finisce malamente, s’è visto. Ma senza qualcuno che tenga salde le redini, dove finisce la città? Un’idea ce la si può fare pensando a quel che è accaduto in questi giorni, quando i guai – paradossalmente - non sono arrivati dagli incroci pericolosi degli opposti estremismi.
Ma da quello che dovrebbe essere il principale alleato di governo di Giordani e di certo ne è stato il fondamentale puntello al ballottaggio: Coalizione Civica. Lunedì, in pieno centro storico, in una serata che a molti ha fatto tornare alla mente gli anni Settanta, i centri sociali se le sono suonate di santa ragione con la polizia nel tentativo di fermare la sfilata neofascista di Forza Nuova. Con loro, in mezzo ai fumogeni, c’era una consigliera comunale di Coalizione, sponda Rifondazione Comunista, Daniela Ruffini. Una tosta, capace di mettere in difficoltà a suo tempo un comunista vecchia scuola come Zanonato, che sentenzia: «I fascisti a Padova non possono sfilare. Rifarei tutto mille volte. Giordani? Ha giurato sulla Costituzione, che è antifascista. Quindi è antifascista anche lui». Il sindaco non conferma né smentisce, ma va in questura a solidarizzare con la polizia attaccata duramente da Ruffini, e non commenta neppure Arturo Lorenzoni, leader carismatico di Coalizione e per questo nominato vicesindaco. A rispondere è invece un’altra consigliera del movimento arancione, Silvia Giaralucci. Per lei, figlia di Graziano, esponente missino che fu la prima vittima delle Brigate Rosse, «proprio chi si dice di sinistra – come lei, e come Ruffini dovrebbe difendere la libertà di chiunque di esprimere il suo pensiero. Fosse anche un fascista». Ruffini non arretra: «Silvia, così fai torto alla tua intelligenza». Finita qui? No. I centri sociali fanno sapere che il sindaco era stato avvertito dei possibili scontri perché, come lo scorpione di Esopo, «questo fanno gli antifascisti: fermano i fascisti» e mica possono cambiare la loro natura. Giordani oggi parla, ma molte domande restano: se la maggioranza ancora galvanizzata dalla vittoria si spacca su un fatto tutto sommato banale come un corteo politico, che succederà quando arriveranno i profughi? E quando riprenderanno le lotte per la casa? E se i residenti si lamenteranno per via della movida, invocando il coprifuoco? O dello spaccio e della criminalità, pretendendo giri di vite «reazionari»? Si dice che due persone di sinistra in una stanza hanno almeno tre idee diverse. E qui c’è pure la destra, figuriamoci. Davvero ci si illude di risolvere tutto con un’assemblea permanente? Ci vuole qualcuno che faccia sintesi e quel qualcuno dev’essere Giordani (insieme a Lorenzoni, magari imponendo il silenzio più che praticandolo). Sennò non se ne esce e l’amministrazione, suffragando in tutto e per tutto gli strilli dell’arcinemico Bitonci sull’armata Brancaleone tenuta insieme solo dall’odio nei suoi confronti, finirà per confermare una volta di più la storica attitudine della sinistra al suicidio. Giordani riuscirà a tenere tutto insieme? O il «modello Padova», che poi forse tanto modello non è visto che è nato da una congiunzione astrale irripetibile nel tempo e nello spazio, si è già rotto? «Terribile è l’ira del mansueto» avverte la Bibbia. Ma il mite Giordani, quand’è che si arrabbia?