Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Popolare Vicenza, chiusa l’inchiesta I pm: «Bugie e notizie false»
Gianni Pipeschi ricostruiscono la storia di Bpvi dal 2012 alla metà del 2015. Nel mirino, oltre a Zonin e Sorato, finiscono i tre ex vice-direttori generali Emanuele Giustini, Andrea Piazzetta e Paolo Marin; il dirigente che si occupava di redigere i documenti contabili Massimiliano Pellegrini; e l’ex componente del Cda (ed ex presidente di Confindustria Vicenza) Massimo Zigliotto. Sono accusati di aggiotaggio, ostacolo all’attività di vigilanza e falso in prospetto.
Per i magistrati «in tempi diversi, diffondevano notizie false e realizzavano operazioni simulate e altri artifici idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo delle azioni Bpvi e a incidere in modo significativo sull’affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario».
Stando alle prove, avrebbero concesso «finanziamenti finalizzati all’acquisto e alla sottoscrizione di azioni, per un controvalore complessivo di 963 milioni». Operazioni che, in alcune occasioni, hanno visto la banca «assumersi l’impegno di riacquisto dei titoli»: in pratica i manager convincevano (anche attraverso la concessione di prestiti) gli investitori a partecipare agli aumenti di capitale ma ad alcuni di loro garantivano «per iscritto» la possibilità di vendere le azioni «entro un termine prestabilito». Una manovra da 160 milioni che servì a determinare «una apparenza di liquidità del titolo sul mercato secondario e, al contempo, consentì la riduzione contabile del controvalore delle azioni proprie detenute».
«Taciuti i prestiti»
Le baciate, per Bpvi, erano una «prassi aziendale» avvallata da Zonin e dagli altri indagati, che avrebbero nascosto la loro esistenza perfino all’esperto incaricato di stimare il valore delle azioni. Il risultato fu la «diffusione di notizie false compiuta attraverso la pubblicazione di comunicati stampa e di comunicazioni al pubblico e ai soci», che servì a nascondere «la reale entità del patrimonio della banca, per un importo corrispondente all’ammontare dei finanziamenti correlati all’acquisto o sottoscrizione dei azioni, pari a circa 545 milioni al 31 dicembre 2012, circa 700 milioni al 31 dicembre 2013 e circa 955 milioni al 31 dicembre 2014».
La solidità della banca veniva sistematicamente «enfatizzata a dispetto della reale situazione», e perfino la crescita della compagine sociale era presentata come la dimostrazione «della maggiore appetibilità dell’azione Bpvi quale strumento di investimento». Il tutto, «tacendo il massiccio ricorso al finanziamento per la sottoscrizione delle azioni di nuova emissione».
La Banca è indagata per illecito amministrativo in quanto non avrebbe fatto nulla per dotarsi «di un modello organizzativo idoneo a prevenire i reati», e questo comportamento le avrebbe permesso di «mantenere il valore dell’azione e l’affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale dell’istituto».
Per impedire a Bankitalia di scoprire cosa accadeva negli uffici della Popolare, già a partire dal 2012 i manager avrebbero nascosto agli ispettori sia le baciate che le promesse di riacquisto. Inviavano invece dei report «contenenti l’indicazione di un ammontare del patrimonio di vigilanza superiore a quello reale». Quanto basta per «determinare, in modo consapevole, un ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza della Banca d’Italia che, conseguentemente, non dava luogo ad approfondimenti conoscitivi in sede ispettiva». Come dire che bugie e omissioni degli ex vertici Bpvi, furono determinanti nell’impedire che gli organi di controllo scoprissero quanto stavano facendo.
Un esempio? Il 5 marzo 2013 Bankitalia chiese spiegazioni circa l’incremento delle «azioni o quote proprie ricomprese tra gli elementi negativi del patri-
Le difese Dimostreremo che i manager agirono correttame nte. Zonin? Non ebbe alcuna responsabilità Le baciate Per la procura di Vicenza le baciate in Bpvi erano «una prassi aziendale»