Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Università
PADOVA Fa discutere, e non poteva essere altrimenti, il regolamento per l’attribuzione degli scatti stipendiali triennali approvato martedì dall’Università di Padova, dove presto l’opinione degli studenti influirà sulla progressione economica dei professori. In pratica lo stipendio del docente dipenderà anche dal giudizio degli studenti sul suo comportamento in aula, espresso con un questionario al termine del corso. La rivoluzione suscita reazioni contrastanti: da un lato c’è chi parla di misura «giusta e ragionevole» ma perfezionabile, dall’altro c’è chi punta il dito contro il rischio della compiacenza per il tornaconto del docente. «Gli studenti sono i destinatari della nostra attività e meritano di valutarci, anche se l’assenza di una metrica definita e condivisa impone cautela — dice Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale e presidente del corso di laurea in Economia —. Il nostro compito sarà quello di spiegare ai ragazzi come funziona il processo di valutazione. Il meccanismo non va preso sottogamba: gli studenti non ogni sistema di valutazione. Il modo migliore per ridurlo è sperimentare, avere fiducia, sapere cosa si valuta e perché. E poi pesa anche il controllo sociale, che scatta quando la comunità spinge le persone a comportarsi in modo virtuoso». Umberto Vincenti, docente di Diritto romano ed ex presidente della scuola di Giurisprudenza, è a dir poco scettico: «Dare peso al giudizio degli studenti non sarebbe sbagliato, se l’accertamento del merito fosse rigoroso fin dall’inizio e se non fosse che i docenti hanno tanti modi per carpire il consenso. Per essere popolari basterà dare sempre 28 e 30 o proiettare qualche filmato in aula per far divertire i ragazzi, mentre chi è più selettivo e rigoroso riceverà un gradimento inferiore. Il problema alla radice è che l’università italiana è ammalata di corporativismo e che i premi vanno a docenti arruolati con selezioni fittizie: in questo contesto, legare lo scatto al giudizio degli studenti è una boutade, un palliativo, il sussulto di un sistema in crisi totale». Per Vincenti la novità nasconde un doppio fine: «Chi governa appare rivoluzionario, ma la verità è che il sistema è mortificante. Lo scopo profondo di queste misure è evitare la fuga delle matricole, un po’ come quando si cerca il consenso degli elettori». Oltre al giudizio degli studenti, gli scatti dipenderanno da altri parametri legati a ricerca e partecipazione: «Un trionfo della burocrazia che uccide quel poco di onore accademico riservato al nostro ceto — conclude Vincenti —. Non c’è più il senso della dignità e del decoro, il nostro prestigio è stato ucciso».