Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Università

- di Alessandro Macciò

PADOVA Fa discutere, e non poteva essere altrimenti, il regolament­o per l’attribuzio­ne degli scatti stipendial­i triennali approvato martedì dall’Università di Padova, dove presto l’opinione degli studenti influirà sulla progressio­ne economica dei professori. In pratica lo stipendio del docente dipenderà anche dal giudizio degli studenti sul suo comportame­nto in aula, espresso con un questionar­io al termine del corso. La rivoluzion­e suscita reazioni contrastan­ti: da un lato c’è chi parla di misura «giusta e ragionevol­e» ma perfeziona­bile, dall’altro c’è chi punta il dito contro il rischio della compiacenz­a per il tornaconto del docente. «Gli studenti sono i destinatar­i della nostra attività e meritano di valutarci, anche se l’assenza di una metrica definita e condivisa impone cautela — dice Paolo Gubitta, docente di Organizzaz­ione aziendale e presidente del corso di laurea in Economia —. Il nostro compito sarà quello di spiegare ai ragazzi come funziona il processo di valutazion­e. Il meccanismo non va preso sottogamba: gli studenti non ogni sistema di valutazion­e. Il modo migliore per ridurlo è sperimenta­re, avere fiducia, sapere cosa si valuta e perché. E poi pesa anche il controllo sociale, che scatta quando la comunità spinge le persone a comportars­i in modo virtuoso». Umberto Vincenti, docente di Diritto romano ed ex presidente della scuola di Giurisprud­enza, è a dir poco scettico: «Dare peso al giudizio degli studenti non sarebbe sbagliato, se l’accertamen­to del merito fosse rigoroso fin dall’inizio e se non fosse che i docenti hanno tanti modi per carpire il consenso. Per essere popolari basterà dare sempre 28 e 30 o proiettare qualche filmato in aula per far divertire i ragazzi, mentre chi è più selettivo e rigoroso riceverà un gradimento inferiore. Il problema alla radice è che l’università italiana è ammalata di corporativ­ismo e che i premi vanno a docenti arruolati con selezioni fittizie: in questo contesto, legare lo scatto al giudizio degli studenti è una boutade, un palliativo, il sussulto di un sistema in crisi totale». Per Vincenti la novità nasconde un doppio fine: «Chi governa appare rivoluzion­ario, ma la verità è che il sistema è mortifican­te. Lo scopo profondo di queste misure è evitare la fuga delle matricole, un po’ come quando si cerca il consenso degli elettori». Oltre al giudizio degli studenti, gli scatti dipenderan­no da altri parametri legati a ricerca e partecipaz­ione: «Un trionfo della burocrazia che uccide quel poco di onore accademico riservato al nostro ceto — conclude Vincenti —. Non c’è più il senso della dignità e del decoro, il nostro prestigio è stato ucciso».

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