Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il giudice veronese «Sistema lottizzato basta me ne vado»
«Vado ad occuparmi degli ultimi della terra, da ultimo dei magistrati». La scelta «controcorrente» del giudice Andrea Mirenda: «protesta verso un sistema giudiziario improntato ad un carrierismo sfrenato, lottizzatorio».
VERONA «Vado ad occuparmi degli ultimi della terra, da ultimo dei magistrati». Quindi la chiosa eloquente: «Bye bye Csm». Il giudice Andrea Mirenda, presidente della sezione fallimentare del tribunale di Verona annuncia così la sua scelta «controcorrente»: no alla carriera, no «alla luce della ribalta», sì al lavoro dietro le quinte. Occupandosi, per l’appunto, degli «ultimi», ossia dei detenuti. Dietro a queste parole c’è una richiesta formalizzata al Consiglio superiore della magistratura: essere trasferito all’ufficio di magistrato di sorveglianza, sempre a Verona. L’annuncio è arrivato sul suo profilo Facebook (che è pubblico): «Bene scrive Mirenda - dopo 32 anni la scelta è fatta. Ed è nel senso di un gesto controcorrente, di composta protesta verso un sistema giudiziario improntato oramai ad un carrierismo sfrenato, arbitrario e lottizzatorio, che premia i sodali, asserve i magistrati alle correnti, umilia la stragrande maggioranza degli esclusi e minaccia l’indipendenza dei magistrati con la lusinga della dirigenza o la mortificazione di una vita da travet. Lascio un posto semidirettivo di prestigio, dove avrei potuto restare ancora per anni, per andare ad occuparmi degli ultimi della terra, da ultimo dei magistrati. Ma è un bel giorno per la coscienza e per l’orgoglio della toga, entrambi assai più appaganti di qualsiasi gallone o mostrina…». Certo, il trasferimento dovrà essere approvato dal Csm, ma Mirenda fa sapere che non ci dovrebbero essere obiezioni. «Ci sono due posizioni e io in linea teorica sono il secondo - spiega non si tratta di un posto molto ambito e quindi non ci dovrebbero essere problemi». Poche ore fa il magistrato ha rilanciato la polemica.«Le nomine dei presidenti di tribunale di Pordenone e Rovereto - ha scritto su Facebook - e del procuratore di Napoli dimostrano ancora una volta, ove fosse sfuggito a qualcuno, da un lato quanto sia difficile la carriera direttiva per i magistrati dediti al loro lavoro di scrivania e, dall’altro, come siano in ciò assolutamente favoriti coloro che hanno fatto altro, anche solo per sodalità correntizia». (d.o.)