Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Le baciate? Lecite Con Sorato litigai, mi spedì in Sicilia»
«Con Sorato litigavo spesso, e alla fine mi promosse per trasferirmi in Sicilia. Le baciate? Ho sempre pensato fossero lecite». Lo dice Paolo Marin, ex vice-dg della Popolare, ora indagato.
VICENZA Mercoledì, la chiusura della prima tranche dell’inchiesta sul crac di Bpvi, ha riservato una «sorpresa»: l’iscrizione nel registro degli indagati di Paolo Marin, 55 anni, vicentino, ex vice direttore generale della banca, responsabile della Divisione Crediti. È difeso dall’avvocato Lino Roetta. Per i pm avrebbe favorito «la realizzazione e la diffusione del fenomeno delle operazioni baciate». Di lui parla l’ex presidente Gianni Zonin nel suo interrogatorio. Un aneddoto interessante: «Avevo sentito che Marin si era rivolto a Sorato dicendo che non ce la faceva più, che sarebbe venuto da me per raccontarmi tutto». Di lì a poco Sorato lo trasferirà in Sicilia, promuovendolo direttore generale di Banca Nuova.
Marin, ora lo può dire: lei e Sorato non vi siete mai amati...
«Sorato non tollerava il rigore mio e della mia Struttura nella gestione delle pratiche sottoposte alla nostra valutazione. Ho avuto con lui diversi scontri, fino a dirgli che io non mi sarei sottratto per nessuna ragione al mio ruolo e, in particolare, alla scrupolosa osservanza dei regolamenti e delle politiche creditizie. Agli atti dell’ispezione Consob vi sono mail riferite all’aumento di capitale in cui i dirigenti delle strutture commerciali si dicevano tra loro che “i crediti non aiutavano”».
Vuole dire che la sua promozione nell’istituto siciliano fu un modo per metterla a tacere?
«Nello stesso periodo in cui si verificarono quegli scontri, Sorato mi disse che non c’era più posto per me e che sarei andato in Banca Nuova. Promuoveatur ut amoveatur… Gli avevo suggerito di sostituirmi con un altro dirigente della Divisione Crediti, ma le cose sono andate in modo diverso…».
Ora però anche lei, come Sorato, è indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza...
«Il mio ruolo in Banca era quello di presidiare la qualità del credito: come avrei potuto rendermi autore del reato di aggiotaggio? Sin dal 2011 ho acquistato azioni della Banca a 62,50 euro e ho partecipato agli aumenti di capitale 2013 e 2014 investendo i risparmi miei e della mia famiglia: non ho mai avuto dubbi sul fatto di lavorare in una banca solida e in espansione. Mai ho ostacolato la vigilanza, tutt’altro: nel 2012 ho fornito agli ispettori, in assoluta serenità, qualsiasi informazione fosse in mio possesso, compresa una lista - che io e i miei collaboratori abbiamo a più riprese discusso con gli ispettori - dei principali soggetti affidati e del numero di azioni della Banca da loro acquistate attraverso i finanziamenti».
Qual è la sua posizione in merito alle baciate?
«Non ho mai ritenuto di avere nulla da nascondere: per me le operazioni baciate erano perfettamente lecite; questa convinzione si è accentuata dopo aver constatato che la Banca d’Italia, resa edotta della prassi, non aveva formulato alcuna osservazione. Peraltro sin dal mio arrivo in Popolare, nel 2008, ho appreso della prassi di finanziare l’acquisto di azioni da parte dei soci. Ho anche posto degli interrogativi ai quali mi è sempre stato risposto che le cooperative potevano finanziare le proprie azioni».
Secondo l’accusa, ai capiarea lei «raccomandava che le proposte di fido (…) contenessero la motivazione generica “acquisti beni mobiliari e immobiliari” e non la finalità per la quale veniva concesso il finanziamento: “acquisto azioni Bpvi”». Se le baciate erano lecite, perché questa premura?
«Non conosco queste accuse, non sono contenute nei capi d’imputazione né mi sono state rese note in corso d’interrogatorio. Ad ogni modo, le proposte che presentavo in CdA erano sottoposte all’esame preventivo del direttore generale: il mio compito si limitava a verificare la regolarità dell’iter di delibera e, appunto, presentare in qualità di mero relatore le proposte di competenza dei vertici aziendali».