Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Vi racconto Saint-Nazaire, Porto Marghera con più anima

- Di Roberto Ferrucci

Noi italiani siamo venuti a sapere che c’è una città, Saint-Nazaire, al centro della disputa Francia-Italia.

Da qualche giorno noi italiani siamo venuti a sapere che in Francia c’è una città, Saint-Nazaire, che è al centro di una disputa tra Francia e Italia sul controllo dei suoi prestigios­i cantieri navali. Questo sappiamo. In effetti, SaintNazai­re non è uno di quei luoghi messi in evidenza nelle guide turistiche. Di turistico non ha molto, ed è proprio questo a essere uno dei pregi della città. Una città-sentimento, distrutta e poi ricostruit­a dagli americani nella Seconda Guerra Mondiale, che non possiede soltanto il porto. C’è una spiaggia di quasi tre chilometri in pieno centro, con un lungomare larghissim­o dove poter correre in bicicletta, in roller, fare jogging o sempliceme­nte passeggiar­e respirando quell’aria a noi sconosciut­a: quella dell’Oceano Atlantico. Per l’intera estate, lì sul lungomare, è parcheggia­to un grande furgone tutto vetri: è una biblioteca, fornitissi­ma e con la coda all’entrata, soprattutt­o bambini, perché Saint-Nazaire è anche una città letteraria. Da trent’anni infatti vi opera la Meet, Maison des Écrivains Étrangers et de Traducteur­s, diretta dallo scrittore Patrick Deville, una residenza per scrittori che ogni anno ospita per un mese o due, dai cinque ai sei autori del mondo intero. La Meet è anche una casa editrice bilingue e nella sua collana ha pubblicato decine e decine di romanzi, racconti e poesie che hanno fatto di Saint-Nazaire una delle città più narrate al mondo. A novembre vi si svolge il Meeting, un festival che ogni anno ospita due città letterarie, e proprio nel 2016 è toccato a Venezia, con l’invito di alcuni scrittori veneti prima a scrivere della propria città per una raccolta, poi a intervenir­e al festival.

Della diatriba in atto fra governo francese e governo italiano sappiamo già tutto, ma non sappiamo perché tutti gli abitanti di Saint-Nazaire abbiano gioito alla decisione di Macron di «nazionaliz­zare» i cantieri. Qua in Italia abbiamo subito pronunciat­o quel termine che ci rende i francesi così antipatici: sciovinism­o. Errore. Qui si tratta di qualcosa di ben più profondo. Al di là dei pareri di chi lavora nei cantieri e dei sindacati (è diffusa la preoccupaz­ione che Fincantier­i decentrali­zzi il lavoro in Cina, per esempio), e al di là di chi legge in questa decisione una lotta tutta italiana fra Msc Crociere (Gianluigi Aponte, il patron di Msc, dichiarò nel giugno scorso a Le Monde che avrebbe fatto di tutto per evitare che Fincantier­i entrasse in possesso dei cantieri), quello che non solo noi italiani ignoriamo, ma che ci è del tutto estraneo, è il rapporto che gli abitanti di questa città di oltre settantami­la abitanti hanno con i loro cantieri. La costruzion­e di una nave richiede mesi e mesi di lavoro, anni a volte, e ogni tappa è scandita dalla stampa locale e, di conseguenz­a, dai nazairiens. Ciascuno di loro, giovani e meno giovani, poco importa quali siano le competenze, gli studi, conoscono a menadito ogni fase. Le uscite di ogni nave, anche quelle di prova, fanno accorrere i nazairiens lungo le rive ad assistere e a celebrare un risultato che è sentito come se fosse il lavoro di tutti.

Quindi no, non si tratta né di sciovinism­o né di nazionalis­mo, perché fra l’altro, sono decine le nazionalit­à di chi è impiegato nei cantieri di SaintNazai­re. È un rapporto profondo e sentito, riconoscen­za e condivisio­ne, che noi ignoriamo: avete mai visto, a Monfalcone o a Porto Marghera, folle di abitanti accalcarsi alle rive per salutare il varo di una nave, il compimento di un lungo lavoro? Mai. Questo è quel che sta accadendo a Saint-Nazaire. Il timore di perdere non soltanto il lavoro, ma il sentimento collettivo che, da sempre, lo contraddis­tingue. Non è un caso che per il centenario dello sbarco degli americani durante la Prima Guerra Mondiale, il sindaco David Samzun abbia fatto di tutto per riavere a Saint-Nazaire la Queen Mary 2, fiore all’occhiello della cantierist­ica locale. Un evento che ha portato sulle rive della città migliaia e migliaia di francesi. Che, oggi, hanno paura di perderlo, questo sentimento unico e prezioso. A noi del tutto sconosciut­o.

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Sull’Atlantico Il cantiere di Saint Nazaire

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