Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Referendum, «Sì critico» del Pd «Questa è la linea ma liberi tutti»
Autonomia nell’urna, alla fine la direzione dem sceglie una soluzione di compromesso
PADOVA Sì al referendum sull’autonomia del Veneto ma a condizione di smascherare l’ammiccata all’indipendenza, al residuo fiscale di 18 milioni che resta al territorio, a condizione che Palazzo Balbi l’autonomia non se la tenga tutta per sé e la condivida con Comuni e Province. Al termine di una giornata nella quale tutto fino a dieci minuti prima dell’inizio della direzione sembrava mancasse (numero legale, accordo con la minoranza di Giorgio Tonella, accordo con i renziani governativi propensi per il No o l’astensione in attrito con i renziani per il Sì critico del segretario Alessandro Bisato) alla fine di una giornata convulsa, si diceva, il Partito Democratico del Veneto ha deciso una linea. Anche due, per la precisione. Riassumendo: Sì critico ma anche libertà di voto ai militanti.
È stato questo il punto di mediazione dentro la maggioranza e tra la maggioranza e gli orlandiani. Che non faranno campagna per il Sì, anzi. «Noi ci organizzeremo per il non voto», annuncia Tonella. La quadra è stata trovata su di un documento che mette insieme tre cose sulle quali nel Pd veneto tutti sono d’accordo: organizzare una campagna verità che smascheri la versione della Lega e del presidente Luca Zaia sulla possibilità di avere un’autonomia speciale; confronto col Pd nazionale e della Lombardia sul tema dell’autonomia delle regioni e autonomie differenziate. Questa parte del documento è stata votata da tutti i 60 presenti. Poi, sulle parti divergenti si è proceduto per emendamenti che ogni componente ha votato per sé.
Del resto il ventaglio di posizioni era amplissimo, a dispetto del fatto che ad un referendum si possono prendere solo tre posizioni: astensione, sì o no. C’è il Sì critico, appunto, come spiega il sindaco di Vicenza Achille Variati. «Ma quando mai ci facciamo dare lezioni di autonomia, noi che veniamo dal popolarismo cattolico, dal socialismo e dal comunismo e l’autonomia l’abbiamo nel Dna? - chiede - Sento parlare di astensione. Astenersi per lasciare il risultato tutto nelle mani della Lega? Avremmo dovuto essere noi a proporre il referendum». In effetti, l’aveva proposto, in passato. Claudio Rizzato ha fatto la cronistoria dei tentativi del centrosinistra in consiglio Regionale: «Nel 1997, il gruppo presentò un progetto di legge per uno statuto autonomo del Veneto, nel 2002 Cacciari, Zanonato e Rifondazione propongono un referendum consultivo sull’autonomia dell’articolo 11 della Costituzione snocciola - E nel 2007 un ordine del giorno chiede a Galan di aprire una trattativa col governo Prodi sull’autonomia in base all’articolo 116».
Il problema, obietta Tonella, è che questo non è un referendum lanciato dal partito ma è gestito da Zaia. «Nella scheda non c’è la casella “Sì, ma” - fa eco Leone Cimetta - E poi, perché Zaia dovrebbe coinvolgerci? Gli stiamo dando una cambiale in bianco, sosteniamo la campagna di un avversario politico e ci andiamo a schiantare. Meglio lasciare libertà di coscienza». Una posizione neutra, una linea critica verso la campagna referendaria della Lega: non la sposa ma non mette neanche il Pd nella difficile condizione di dire «No» su di un tema molto sentito dagli elettori Veneti. Tanto che, dice la segretaria metropolitana di Venezia Gigliola Scattolin (che personalmente è per il Sì-e-basta ma si atterrà alla linea del partito): «Il Sì critico «sposa la necessità di non abbandonare la volontà dei veneti. Perché noi ci poniamo ancora come forza di governo del Veneto, vero?» «Follia credere che se votiamo Sì, annacquiamo la vittoria di Zaia», avverte Johnatan Montanariello. «Zaia darà autonomia alle autonomie locali? - chiede - Variati - Questo gli chiediamo. Se non risponde, ci chiamiamo fuori da questa farsa».
Variati Avremmo dovuto essere noi a proporre questo referendum